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Voltaire e il caso Calas: la storia dell'enorme scandalo nella Francia di metà Settecento

Voltaire e il caso Calas: la storia dell’enorme scandalo nella Francia di metà Settecento

Se dico “Francia; scandalo giudiziario; discriminazione religiosa” la maggior parte di voi penserà all’Affaire Dreyfus, al J’accuse di Émile Zola e alle tensioni religiose ravvisabili nella Francia a cavallo tra XIX e XX secolo. Per carità, è corretto, ma non bisogna cadere nell’errore di pensare che questa emblematica vicenda sia l’unica ad aver segnato la moderna storia europea e, più nello specifico, francese. Un secolo e mezzo prima, nei territori sotto la sovranità di Luigi XV di Francia, fece gran scalpore una peripezia giudiziaria che non solo avrebbe scosso l’animo di uno dei più affini pensatori illuministi, ma rappresentò un simbolo dell’ingiustizia, dei pericoli del fanatismo religioso e dell’intolleranza. Quella storia, la storia del caso Calas, cambiò per sempre il modo di intendere la giustizia da parte della società francese. È dignitoso, anzi sacrosanto, rammentarlo.

Voltaire e il caso Calas: la storia dell'enorme scandalo nella Francia di metà Settecento

Il 13 ottobre 1761 la comunità di Tolosa è scossa da una brutta notizia. Marc-Antoine Calas, il figlio primogenito di Jean Calas, viene ritrovato senza vita nel negozio di famiglia. Si tratta di un suicidio, avvenuto per impiccagione. Coscienti dello stigma sociale indetto dalla Chiesa cattolica, indirizzato ai morti suicidi e ai loro cari, la famiglia Calas denuncia la morte alle autorità senza tuttavia indicare le circostanze esatte dell’avvenimento. Dietro l’omissione c’è anche un’altra ragione, scottante come non mai in quella Francia di metà Settecento: i Calas sono protestanti.

Ben presto i pettegolezzi del vicinato presero il sopravvento. Benché non vi fosse prova, si iniziò a spargere la voce che Marc-Antoine si stesse convertendo in gran segreto al cattolicesimo. Il capitoul (il corrispettivo di un consigliere municipale con prerogative giudiziarie) diede retta alle dicerie e predispose un supplemento d’inchiesta. Secondo quest’ultimo, Jean Calas, il padre della vittima, assassinò il figlio per impedire la conversione. A tutti gli effetti un omicidio rituale. L’accusa, assecondata dal sospetto popolare, ebbe la meglio: il Tribunale di Tolosa incriminò Jean Calas, sua moglie, il secondogenito Pierre, la domestica e l’amico Gaubert Lavaisse – assieme ai Calas al momento del ritrovamento del corpo.

caso Calas tribunale di Tolosa processo

La Chiesa gallicana elevò Marc-Antoine a martire e organizzò le esequie secondo il rito cattolico. Dopo qualche mese di attesa, la sentenza divenne pubblica. Jean Calas fu condannato alla ruota e infine alla pena capitale, da eseguire sul rogo. Pierre Calas venne condannato all’esilio. Il tribunale invece decretò il rilascio per tutti gli altri imputati. Il 9 marzo 1962 Jean Calas salì a stento sul patibolo, perché in precedenza sottoposto alla ruota e torturato. Il boia prima lo strangolò e poi lo arse.

Pierre, il figlio esiliato, si recò a Ginevra, dove sottopose all’attenzione del filosofo Voltaire l’intero caso Calas. L’eccelso illuminista si convinse dell’innocenza di Jean Calas così come della sua famiglia e nei messi a venire si dedicò, anima e corpo, alla revisione – filosofica, politica, religiosa e giudiziaria – dell’intera vicenda. Nel 1763 redasse e pubblicò un’opera monumentale intitolata Trattato sulla tolleranza in occasione della morte di Jean Calas (Traité sur la tolérance à l’occasion de la mort de Jean Calas).

caso Calas Trattato sulla Tolleranza

Il Trattato sulla tolleranza smontò punto per punto l’impianto accusatorio del Tribunale di Tolosa. Anzitutto si fece notare come mancassero le prove concrete della volontà della vittima di convertirsi al cattolicesimo. Successivamente si dimostrò come un uomo della statura e della condizione di Jean Calas (vecchio, minuto e malaticcio) non potesse materialmente costringere all’impiccagione il figlio, grande il doppio e in piene energie. Voltaire mise in discussione anche il paradigma dell’accusa, giudicato iniquo. Supposta la colpevolezza del padre Jean e del figlio Pierre, perché condannare il primo al supplizio e il secondo all’esilio?

Dopo le mozioni più tecniche, aventi pertinenza giuridica, Voltaire passò a questioni più aleatorie, ma non per questo meno importanti, anzi. Il filosofo, forte della sua contraddistinta vena umoristica corrosiva, picconò le nefandezze commesse dalla Chiesa sulla base di pretesti religiosi, accusò la Riforma, accentrò infine tutta l’attenzione sul concetto di intolleranza, nato secondo lui in seno all’istituzione ecclesiastica cattolica, che mai davvero ha seguito pedissequamente gli insegnamenti evangelici di Gesù Cristo.

caso Calas Voltaire

Voltaire poi divagò anche sul significato della tolleranza nelle altre culture (quelle orientali nello specifico). Ma quello che a noi interessa è il seguito che la sua critica ebbe. Le staffilate del pensatore colpirono nel segno. Il re Luigi XV si convinse ad ascoltare le ragioni della famiglia Calas, che infatti convocò a Versailles. Il sovrano scagionò tutti i membri della famiglia e gli associati al presunto omicidio. Inoltre destituì il capitoul che nel 1762 aveva condotto l’inchiesta in modo poco limpido e sicuramente pretestuoso. Il più grande merito dell’opera di Voltaire fu la totale revisione del caso, la riabilitazione dei Calas e, forse cosa più importante, la spinta data al sistema giudiziario francese verso una complessiva riforma.