Per la serie “Tumulazioni strane e dove trovarle”, se vi dovesse capitare di fare una gita a Vigevano, fate una capatina alla chiesa di San Pietro Martire, anche detta “la chiesa del Beato Matteo”, e al convento di Santa Maria delle Grazie. Perché qui troverete due cripte inquietantemente singolari: i Putridarium.
Vigevano e i suoi Putridarium

Intendiamoci: non solo Vigevano vanta dei Putridarium. Così su due piedi ci viene in mente il monastero delle Clarisse a Ischia, con la sua cripta dedicate alle “monache scolate”. Tuttavia il caso di Vigevano è particolare per due motivi.
Il primo è che nel nord Italia i Putridarum non sono così frequenti. Il secondo è che ne ha ben due. Ma cosa sono i Putridarium? Ebbene, erano una sorta di cripta nella quale monaci e suore erano seppelliti. I Putridarium si trovavano sia nei conventi che nelle chiese, ma avevano una singolarità.
Qui monaci e suore non erano seppelliti in maniera classica, in una bara o interrati per intenderci. No, erano lasciati a sedere su appositi sedili di pietra, dotati di un foro sottostante per far colare i liquidi derivanti dalla decomposizione dei corpi. In questo modo, perdendo liquidi, gradualmente i corpi si mummificavano.

Un po’ inquietante, lo ammettiamo. Ma Vigevano ne ha due da visitare. Il primo è quello della chiesa di San Pietro Martire. La chiesa ospita la salma del Beato Matteo in una cripta. Tuttavia la chiesa ha un’altra cripta, ben nascosta sotto a un palco di legno al di sotto l’altare. Qui una grata di ferro conduce a dei gradini alla fine della quale troverete il Putridarium in questione, con le sue nicchie e sedili di pietra usati come colatoi.
Ma Vigevano ha un altro Putridarium, quello annesso al convento di Santa Maria delle Grazie. O meglio, ex convento, visto che adesso è stato convertito in appartamenti e abitazioni private. Costruito nel 1472, un tempo ospitava i frati Francescani.
L’edificio fu realizzato grazie a Galeazzo Maria Sforza. Qui trascorse alcuni anni anche un beato, Frate Cristoforo Macassolio. Dal 1995 il convento fu soggetto a un restauro e proprio durante i lavori, sotto a un pavimento, gli operai trovarono una zona vuota.

Al suo interno erano presenti quattro scheletri di monaci, rivelatisi poi essere degli abati. Ben vestiti e posizionati uno davanti all’altro, ecco che si trattava di abati sepolti secondo la pratica del Putridarium. Per evitare che la stanza si rovinasse, la Soprintendenza la fece chiudere con dei materiali idonei, salvo poi collocarci sopra un bel pavimento. Quello che ancora non è ben chiaro è perché a Vigevano, all’epoca, sentissero la necessità di costruire non uno, ben due Putridarium.