Nel Veneto meridionale gli archeologi annunciano una grande scoperta, subito riportata dalle principali testate mediatiche del paese: dopo millenni è tornato alla luce quello che sembra essere “il più grande emporio della Protostoria”. I siti archeologici interessati dal notevole ritrovamento sono quelli di San Basilio, Villamarzana e Frattesina di Fratta, vitali insediamenti venetici, etruschi e greci tra l’Età del Bronzo e la successiva Età del Ferro (dalla fine del I millennio a.C. fino al IX/VIII secolo a.C.).
In realtà le località sopracitate già godevano di un particolare prestigio storico-archeologico, ma la meravigliosa notizia di questi giorni non ha fatto altro che aumentare l’attenzione, non solo specialistica ma anche mediatica, sul loro conto. Per comprendere a fondo l’entità della scoperta, bisogna prima scendere nel campo della mitologia, chiamando in causa gli antichi greci. Nelle loro narrazioni mitiche, essi erano soliti nominare un fiume grazie al quale gli iperborei (gli abitanti del nord del mondo) prosperavano. Un fiume sinonimo di floridi commerci, infinito sostentamento e ricchezze fuori scala. Quel corso d’acqua prendeva il nome di Eridano. Gli storici sono concordi nell’identificare il Po come l’Eridano della mitologia ellenica.
Attirati da questi racconti colmi di belle speranze, abbondanza e prosperità, navigatori provenienti da tutta la Grecia vollero “toccare con mano” quanto ascoltato esclusivamente per vie orali. Risalendo l’Adriatico, i primi esploratori greci giunsero nei paraggi del Delta del Po. Essi non si fermarono ed avanzarono lungo i principali rami del fiume. Nel frattempo formarono le prime colonie. Noto è il caso di Adrias Kolpos (Adria, da cui “Adriatico”), fondata tra XII e XI secolo a.C. Ma quelle terre non erano di certo disabitate. Lì vivevano Veneti ed Etruschi della Padania.
Così si verificò quell’incontro tra popoli che diede vita a forme di scambio commerciale e reciproca influenza culturale. Tutto ciò accadde a metà strada tra le foci del Po e le dune costiere, l’esatto spot dove convergevano importanti rotte terrestri, fluviali e marine. Come naturale conseguenza, sorsero degli insediamenti economicamente vivaci come San Basilio, Villamarzana e Frattesina di Fratta. Le prime due località esistono tutt’oggi e si trovano in provincia di Rovigo, mentre Frattesina, che si ergeva su un ramo scomparso del Po, cessò di esistere già in pieno IX secolo a.C.
Gli insediamenti prossimi al Delta del Po rappresentavano perciò un polo nevralgico per il commercio su larga scala. L’emporio di cui si è annunciato il ritrovamento è la testimonianza di quanto detto finora. La scoperta accerta ulteriormente una salda ipotesi riguardante il collegamento mercantile tra paesi affacciati sul Baltico e Levante, tra settentrione europeo e oriente mediterraneo. Una rotta particolarmente “sontuosa”, visto il transito di beni come ambra (da nord a sud), avorio e uova di struzzo (da sud a nord). Suddetta rotta incentivò gli abitati padani a sviluppare un’apprezzabile produzione metallurgica e vetraria (quest’ultima ereditata in epoca romana e giunta, seppur in forma variata, fino al presente).
È necessario sottolineare come la scoperta del più grande bazar della Protostoria sia, secondo gli esperti, la punta dell’iceberg per un qualcosa di più voluminoso. Le ricerche sono ad uno stato preliminare, perciò bisognerà attendere per ulteriori (e più dettagliate) informazioni. La fiducia è tanta e non vediamo l’ora di saperne di più.