Sì, gli antichi Romani avevano una divinità anche per le fogne. Per quanto l’affermazione debba essere colta per la sua spensierata leggerezza, essa in realtà cela un tema ben più profondo e interessante di quanto si possa credere a primo impatto. Venere Cloacina fu una dea appartenente alla mitologia romana che unì due aspetti apparentemente distinti, se non antitetici: da una parte l’amore, l’armonia e la bellezza (Venere), dall’altra il concetto di purificazione legato all’acqua, e nello specifico alla Cloaca Maxima (Cloacina), la principale nonché più antica fognatura dell’antica Roma. Il suo culto si sviluppò in un punto affatto casuale dell’Urbe, evidenziando così un legame saldo tra purezza, igiene e prosperità.

Sarebbe giusto, anzi rispettoso nei confronti di una storia così autorevole, spendere due parole introduttive sulla Cloaca Maxima, il primo condotto fognario di cui Roma si dotò, pensate, già al tempo della monarchia. Dal latino all’italiano, Cloaca Maxima si traduce in “fogna più grande”. La sua costruzione è collocata cronologicamente al regno di Tarquinio Prisco (616–578 a.C. circa), anche se è probabile che venne definitivamente completata sotto l’ultimo re di Roma, suo figlio Tarquinio il Superbo (535–509 a.C. circa). Quale che sia il corretto riferimento temporale, una cosa è certa: fu voluta dai sovrani etruschi di Roma nel VI secolo a.C.

Inizialmente la Cloaca Maxima era un canale scoperto al quale si ricollegavano tutti i corsi d’acqua naturali e che sfociava nel Tevere. I Romani attribuirono subito all’opera ingegneristica una certa aurea sacrale. Tanto che nel tempo si sviluppò un vero e proprio culto, quello di Cloacina, divinità di origine etrusca, protettrice delle fogne. Ma perché per i primi abitanti di Roma fu necessario venerare una simile dea? Sebbene le informazioni in merito siano state estrapolate prevalentemente a seguito di scavi archeologici, anche le fonti letterarie qualche nozione ce la forniscono. Tito Livio è uno degli autori che ci parla della Cloaca Maxima (esaltandola talvolta esageratamente) e del culto della Venere Cloacina.

Sappiamo che la città arcaica di Roma sorse in un punto geografico strategico: su un terreno basso e paludoso, è vero, ma in prossimità di un guado che facilitava le rotte commerciali sia con l’Etruria, sia con chi proveniva dal Tevere. Dove sorse il Foro primitivo, si radicò la fortuna dei Romani. Siffatta topografia rese il popolo consapevole dell’importanza di un buon sistema fognario, grazie al quale si sarebbe sanificata la principale area economica della città. Questo è un passaggio fondamentale della narrazione, senza il quale non si potrebbe comprendere l’origine e la funzione di Cloacina.
Basta semplicemente soffermarsi sul suo nome, che deriva dal verbo latino cluo/cluěre, ossia “purificare”, “pulire”. L’associazione con Venere fu probabilmente posteriore, anche se è difficile stabilire di quanto. Comunque parliamo sempre dell’era arcaica di Roma. Infatti ancora in quel VI-V secolo a.C. si realizzò un santuario dedicato alla dea, il sacello della Venere Cloacina. Del santuario oggi resta solo la base. Essa è situata nel Foro Romano, di fronte la basilica Emilia, in corrispondenza del punto in cui la Cloaca Maxima entra nel foro.

Complicato, se non impossibile, avvalersi delle fonti per stabilire se l’associazione tra la dea Venere e Cloacina fosse personale o se Cloacina fosse un epiteto con il quale riferirsi a Venere. La tradizione romana sostiene che fu Tito Tazio, re sabino e co-regnante di Romolo su Roma, ad introdurre il suo culto. Per la cronaca, Tito Tazio sarebbe l’ottavo re di Roma di cui nessuno ha mai praticamente sentito parlare. Sempre secondo la leggenda, dopo la guerra, Romani e Sabini sugellarono la pace nell’esatto punto in cui poi sorse il santuario della Venere Cloacina. Si celebrò l’accordo purificando l’acqua che di lì affluiva nel Tevere. Quell’acqua forse apparteneva al corso naturale poi sfruttato per realizzare la Cloaca Maxima.

Allora sorge un dubbio, e neppure così insignificante. Perché la prima raffigurazione della dea risale al I secolo a.C. se la sua centralità fu oltremodo rilevante già al tempo della tarda monarchia/prima repubblica? Non è dato saperlo, anche se un’ipotesi lega la divinità delle fogne romane a nientemeno che Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma. Ottaviano avrebbe collegato l’essenza purificatrice della Venere Cloacina alle guerre altrettanto purificatrici che egli stesso stava conducendo per smacchiare Roma dall’empietà commessa, ovvero l’assassinio di Cesare.

Al di là della retorica augustea, si può affermare come il culto di Cloacina sia andato affievolendosi con l’espandersi della Repubblica prima e dell’Impero dopo. Vedete quanto si può scoprire scavando a fondo sull’entità di un culto pressoché sconosciuto? Altro che semplice “dea della fogna“…