La plurimillenaria storia di Roma è costellata di formidabili vittorie, ma anche di vergognose disfatte. E talvolta l’ignominia della sconfitta è aggravata dalla sorte altrettanto disonorevole del comandante militare. Come accadde, ad esempio, a Valeriano, sconfitto e preso prigioniero dai Sasanidi. Ecco l’incredibile storia dell’imperatore romano che finì schiavo del sovrano persiano.
Ci troviamo a metà del III secolo dopo Cristo. L’Impero romano sta vivendo un periodo di forte instabilità politica interna e di pressione esterna da parte degli storici nemici di Roma, i popoli germanici e la Persia. Gli imperatori si susseguono con una velocità disarmante. La loro nomina è oramai competenza esclusiva dell’esercito: il senato accetta passivamente. E così accade anche per Valeriano.
Egli è inviato dall’imperatore Treboniano Gallo in Raetia, fra le attuali Svizzera e Austria, a comandare al truppe di stanza contro le popolazioni germaniche che attaccavano il confine. Tuttavia, l’esercito presente in Moesia, l’attuale Bulgaria settentrionale, eleva al trono un suo generale, Emiliano, che immediatamente marcia su Roma per consolidare il potere. Non appena gli giunge la notizia dell’usurpazione, Valeriano dalla Raetia si volge verso l’Italia in soccorso di Treboniano. Intorno a Spoleto si scontra con le truppe di Emiliano, che nel frattempo ha avuto la meglio su Treboniano. Valeriano vince e viene riconosciuto dal senato, di cui è tra l’altro un membro influente, unico legittimo imperatore romano.
Conscio delle difficoltà logistiche nel gestire la difesa di un impero che richiede contemporanea presenza del sovrano in più parti del confine, decide di associare al trono il figlio Gallieno, a cui affida l’Occidente. A sé stesso riserva l’Oriente, occupandosi di ricacciare al di là del confine i Persiani di Shapur I che da trent’anni costituivano un pericolo assai grave per il fianco est dell’Impero Romano.
Dopo aver respinto orde di Goti che stavano devastando i Balcani, Valeriano si rivolge verso i Persiani. Le due armate si scontrano nel 260 presso la città di Edessa, oggi situata in Turchia vicino al confine con la Siria. Qui l’esercito romano subisce una clamorosa disfatta e, a rendere tutto più tragico, Valeriano viene preso prigioniero. Questo è il momento peggiore dell’intero cinquantennio di crisi del III secolo. Gallieno, dopo la cattura del padre, si trova a gestire solo un impero sotto attacco da tutti i fronti. Ampie zone dell’Impero, quindi, organizzano da sé la propria difesa, svincolandosi dal potere centrale. Accade ciò nelle Gallie, dove di forma un impero autonomo. Ma questa è un’altra storia, di cui per altro abbiamo già trattato in un altro articolo che vi invito a leggere.
Tornando a Valeriano, non si sa con esattezza quando sia morto né che cosa gli sia successo durante la cattura. Le fonti persiane riportano che lo Shapur I lo avesse impiegato come schiavo all’interno della costruzione di una diga e di un ponte. La vittoria di Edessa costituì un moto d’orgoglio per i Persiani, che la celebrarono tanto nelle opere letterarie quanto nelle raffigurazioni artistiche. Celebre è il rilievo di Naqsh-e-Rostam, posta come immagine di evidenza dell’articolo. In essa Shapur I tiene Valeriano come prigioniero mentre un altro imperatore romano, mentre gli rende omaggio un altro imperatore romano sconfitto in precedenza dai Persiani, Filippo l’Arabo.