L’inverno sta passando e stranamente in quel giorno di febbraio 1582 il sole risplende su Chelmsford. L’ora è meridiana e un’ombra si staglia brevemente sotto il cappio di Ursula Kemp, ostetrica e guaritrice, all’occorrenza strega. La folla, come al solito, acclama il boia e la mano del tale è ferma sulla leva d’azionamento. Botole che si aprono, Ursula e altre 13 donne salutano questo mondo perché ree di aver stretto un patto con Satana. Arrivare ad una simile conclusione in realtà non è stato difficile, affatto.
No, perché nel piccolo villaggio di St. Osyth, costa dell’Essex, tutti sanno di cosa è capace “Grey” che nel registro parrocchiale appare col nome di Ursula Kemp. Nata nel 1525, Ursula è una delle poche donne del borgo, quindi fin da subito si rimbocca le maniche e aiuta come può nelle faccende comunitarie “sensibili”. Crescendo impara a creare delle miscele curative, composti medicinali, studia le erbe. È pericoloso per quel tempo, ma nessuno dice nulla fin quando è lei a fare del bene per il villaggio.
La sapienza botanica e la conoscenza dei principi attivi elevano lo status di Ursula, che diventa ben presto un’affermata fattucchiera. Dice di poter lanciare degli incantesimi in grado di allontanare il male e, al contempo, opera come ostetrica nei momenti del bisogno. Ecco, il termine a noi appare inequivocabile, ma agli esordi del XVI secolo, nell’Inghilterra rurale, avere a che fare con le nascite significava toccare con mano un confine labile tra il prima e il dopo, tra la morte e la vita in tutta la sua primordiale purezza. Cose da donne, cose da streghe.
Ursula “Grey” Kemp scaccia i presagi; perché non approfittarne? Una delle poche donne di St. Osyth chiede aiuto. Grace Thurlowe è una mamma che vuole veder sparire le sofferenze del primogenito, in preda a violente convulsioni. Ursula interviene e, come per “magia”, il ragazzo si calma. Ma qualcosa va storto, perché la madre rinfaccia alla Kemp di aver ricorso a tecniche luciferine, contravvenendo alla fede in Cristo. All’accusa, Ursula risponde con una velata maledizione. Coincidenza: la figlia più piccola di Grace, qualche giorno dopo il battibecco, cade dalla culla e disgraziatamente muore. Non è finita, perché la già destabilizzante artrite di Thurlowe si acutizza, paralizzandola. Sì, è colpa della strega; la denuncia è lesta.
Il magistrato Brian Darcy indaga e ascolta alcune testimonianze, in cerca di prove. Lo colpisce quella del piccolo Tommy, figlio di Ursula. Il ragazzino di 8 anni, ingenuo per età, incastra la madre, perché afferma (sotto chissà quale costrizione) di averla vista interagire con dei famigli – degli spiriti demoniaci in grado di infliggere pene previo incantesimo. Il giudice allora interpella la diretta interessata che, sotto la falsa promessa di una grazia, finisce per confessare. Ursula Kemp svela come esista una rete di streghe a St. Osyth e quindi butta dentro il calderone inquisitore altre 13 donne.
Prima di quel mezzogiorno tardo invernale del 1582, la strega Ursula Kemp trascorre i suoi ultimi momenti nella gabbia, “in the cage” (ancora oggi in piedi, anche se ristrutturata). Si tratta di una cella singola in cui il condannato può espiare i propri peccati di fronte alla grazia del Signore. Terminato l’arco temporale della purificazione, l’ombra si da davvero breve sotto il cappio di Ursula quando quella leva così rigida va giù, inesorabilmente.