La notizia di una sensazionale scoperta giunge dall’Alta Tuscia, precisamente dalle acque del Lago di Bolsena. Gli esperti hanno ritrovato quello che a tutti gli effetti sembra essere un Bronzetto Nuragico risalente ad un periodo compreso tra la tarda Età del Bronzo e la prima Età del Ferro. Analizzando il dato geografico, ci si è chiesti: come può essere finito sui fondali lacustri dell’antica Etruria un pezzo di arte figurativa sarda?
Ovviamente, almeno fino a prove dal valore storico-artistico schiaccianti, si ragiona per ipotesi e supposizioni. Prima di ogni cosa però, c’è da sottolineare l’importanza del lavoro congiunto tra il Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza dell’Etruria Meridionale e il Centro Ricerche Archeologia Subacquea per lo studio e l’analisi del sito protostorico sommerso del Gran Carro di Bolsena.
Durante le indagini, gli operatori subacquei hanno analizzato a fondo una sezione dell’Aiola, ossia un accumulo pietroso di cui fino a poco tempo fa non si conosceva la funzione ma sul quale gli studi si stanno concentrando proprio nel presente. Quest’ultimi sembrerebbero indicare una funzione cultuale e votiva del cumulo. L’Aiola si è allargata nel tempo vista la natura della sua funzione: il centro piano, più antico, serviva all’accensione dei fuochi rituali; gli addetti al culto erano soliti posizionare offerte di vario genere sui lati scoscesi del cumulo, andando progressivamente ad ampliarlo nella forma e nella dimensione.
E proprio tra questi manufatti offerti come dono ci fu, all’incirca 3.000 anni fa, quello che sembra a maggior ragione un Bronzetto Nuragico (o Sardo, che dir si voglia). Ritrovato al lato dell’Aiola, il busto bronzeo si riferisce ad una figurina dagli evidenti caratteri stilistici nuragici.
La posizione, il significato, la gestualità del personaggio raffigurato è ancora oggetto di interpretazione. Evidente però è la tenacia con la quale l’individuo tiene stretti tra le mani due oggetti forati circolari. Questi sembrano intersecarsi col copricapo della persona, dotata di braccia magre, per non dire esili.
Il ritrovamento nel Lago di Bolsena lascia supporre molte cose. Il Bronzetto Sardo è la testimonianza diretta degli scambi interculturali tra l’Etruria protostorica e la Civiltà Nuragica? Se sì, attraverso quali canoni si può inquadrare tale scambio? Di quale portata stiamo parlando? Come si può evincere, il piccolo busto di bronzo lascia aperte tante questioni, ma alla fine il bello è anche questo. Nuove domande conducono inevitabilmente a nuova ricerca e, chissà, magari a risposte “rivoluzionarie”. Si spera.