Cantami o urina delle malattie dei miei pazienti! Parafrasando leggermente un noto verso dell’Iliade, oggi parleremo di un argomento alquanto insolito: ovvero delle tecniche diagnostiche particolari (per i paradigmi contemporanei) dei medici medievali. Per esempio, cosa rivelava l’urina dei pazienti a un cerusico del Medioevo? In realtà un sacco di cose. Alcune anche sensate, altre un po’ meno. Il problema, forse, erano le discutibili metodiche di indagine di cui disponevano all’epoca.
Tutto quello che l’urina rivelava a un cerusico del Medioevo
Al giorno d’oggi, uno degli esami di base nella medicina umana (e anche in veterinaria) è l’esame delle urine. Si prende un campione di urine e lo si porta in laboratorio dove, grazie al lavoro di una serie di macchinari, otteniamo i nostri risultati. Ancora più banalmente, si possono prendere gli stick per le analisi delle urine e un refrattometro e si ottiene qualche risultato.
Solo che all’epoca non c’erano macchinari, stick e refrattometri. Eppure i medici analizzavano le urine tramite un processo chiamato uroscopia. Come? Beh, usavano la ruota delle urine per diagnosticare le malattie. Questo almeno fino alla metà del XIX secolo.
In realtà già gli antichi Greci e i Romani erano avvezzi al tema. Ma solamente durante il Medioevo divenne parte essenziale di un esame medico. I cerusici dell’epoca si aiutavano sfruttando una tabella a forma di ruota che permetteva loro di diagnosticare diverse malattie (o quanto meno di sospettarle) partendo proprio dalle urine.
Come potete notare, la ruota è suddivisa in 20 parti, ciascuna delle quali mostra un colore diverso. Molto probabilmente, questi medici non si affidavano solamente al colore, ma anche all’olfatto e al gusto. Sì, proprio il gusto: assaggiando l’urina, per esempio, potevano stabilire se fosse dolce, in modo da capire quale paziente fosse diabetico e quale no.
Tale metodo, fra l’altro, è documentato dal medico inglese del XVII secolo Thomas Willis, il quale notò come l’urina dei pazienti diabetici fosse “meravigliosamente dolce, come se fosse imbevuta di miele o zucchero”. Testuali parole. In effetti fu proprio Willis a coniare il termine “mellito“ per indicare il diabete con iperglicemia e glicosuria, tanto che per un periodo il diabete mellito fu noto come “Malattia di Willis”.
E ancora: si narra che l’urina di re Giorgio III di Gran Bretagna fosse di colore viola. Molto probabilmente il sovrano soffriva di porfiria (si presume che proprio questa patologia possa averne causato la “pazzia”).
Questa tecnica, corredata di assaggio, fu usata dai medici almeno fino alla metà del XIX secolo. Successivamente, si iniziò a usare l’analisi chimica delle urine, evitando così non solo l’uso della ruota, ma anche questi improbabili e non proprio salutari assaggi.