514 km che nel giro di qualche secolo hanno ridefinito le sorti economiche, commerciali, sociali e culturali del Giappone. “Tōkaidō” da quelle parti è sinonimo di sviluppo, crescita e sicurezza. A primo impatto si fa fatica a credere come una singola arteria stradale abbia radicalmente trasformato un intero paese, ma se poi si citano i grandi complessi infrastrutturali sui quali imperi di ogni epoca e provenienza hanno basato la loro ragion d’essere (da Roma agli Inca, passando per la Persia achemenide, la Cina dei Ming o l’Asia sotto il controllo mongolo) allora tutto sembra più ovvio e intuitivo.
La storia del moderno sistema aviario nipponico incomincia proprio nel XVII secolo, un’epoca di grandi cambiamenti per il Sol Levante. Una volta assicuratosi il potere politico e militare, lo shōgun Tokugawa Ieyasu (detentore delle redini del Giappone unificato dal 1603 al 1616) ordinò la costruzione di ben cinque strade che nelle sue idee avrebbero non solo collegato Kyoto a Edo (l’odierna Tokyo), ma anche svolto una funzione di supervisione e più in generale di controllo. Il perché è presto detto. Le Cinque Strade (五街道, Gokaidō) si mostrarono trafficatissime fin da subito, in quanto ponti di comunicazione tra due delle città più importanti dello shōgunato. Da lì vi passavano quotidianamente persone di ogni ceto sociale: contadini, mercanti, pellegrini, samurai, daimyo e funzionari.
Delle Cinque Strade, la più importante era la Tōkaidō, letteralmente “via marittima orientale“. La rotta che attraversava la parte orientale dell’isola chiaramente non fu un’invenzione del periodo Edo (1603-1868). Da secoli esisteva un collegamento costiero tra Kyoto, sede imperiale, e la città di Edo, a partire dal Seicento sede dello shōgun e capitale de facto del paese. Le prime documentazioni a citare esplicitamente queste rotte non ufficiali appartengono al X secolo. I primi Tokugawa ebbero tuttavia il merito di razionalizzare l’arteria stradale, renderla universalmente fruibile, modernizzarla in definitiva. Un processo che iniziò nel 1605 e che si concluse nel 1624, con la costruzione dell’ultima stazione postale.
Meritevole di un approfondimento è il funzionamento della Tōkaidō. Sì, perché all’epoca non ci si limitava semplicemente a percorrerla, ma dovevano essere seguite delle regole scritte e codificate. Ad esempio, tutti i fruitori della via marittima orientale dovevano esporre su richiesta una specifica liberatoria concessa dall’amministrazione shogunale – una specie di patente. Poiché commercianti di ogni genere utilizzavano la strada, ben presto le 53 stazioni (shukuba) divennero dei poli economici di rilievo. Dappertutto lungo la Tōkaidō spuntarono locande e ostelli pronti ad accogliere i viaggiatori secondo le normative del governo.
Da una prospettiva esclusivamente economica è facile concepire la rilevanza della Tōkaidō. In un’ottica più limpidamente culturale non si coglie altrettanto nell’immediato l’importanza della rotta orientale. Questa centralità ha a che fare con le arti – figurative e non – che si svilupparono a Edo e che sfruttarono a dovere la Tōkaidō per espandersi a macchia d’olio in tutto l’Honshū (l’isola più grande dell’arcipelago nipponico).
Un’arteria stradale così fondamentale per le sorti dello shōgunato non poteva che attraversare paesaggi mozzafiato. Questi furono magistralmente ritratti dagli artisti giapponesi tra XVIII e XIX secolo; degne di nota sono altresì le fotografie della seconda metà dell’Ottocento, le quali immortalano scene di vita quotidiana lungo la Tōkaidō (impossibile non chiamare in causa l’italo-britannico Felice Beato, uno dei primi a scattare fotografie in Asia orientale, il primo in assoluto a farlo in Giappone).
Ideata, realizzata e ottimizzata durante il primo periodo Edo, storicamente un’epoca di progressiva chiusura e isolamento politico, la Tōkaidō ha rappresentato paradossalmente un mezzo di cambiamento (seppur interno e relativo all’area sud-orientale) e progresso per il Giappone sotto lo shōgunato del clan Tokugawa. L’odierna Tōkaidō (nel suo senso più largo, comprensivo di ferrovie e snodi secondari) ha raccolto e fatto propria quella pesante eredità. Nel presente questo specifico corridoio stradale rappresenta da solo il 65% del trasporto merci a livello nazionale. Esso collega Kyoto e Tokyo (inclusa Yokohama) alle vitali Osaka e Nagoya.
Come non potrebbe mai esistere una Tōkaidō senza l’acume strategico dei primi Tokugawa, allo stesso modo non potrebbe esserci un Giappone moderno, sviluppato ed economicamente avanzato senza la sua “via marittima orientale”.