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Teos, perché la storia ha dimenticato questa città-stato greca?

Quando si pensa alle città-stato greche, subito riecheggiano nella memoria i nomi di Atene e Sparta, per chi vuole vincere facile. O anche di Patrasso, Argo, Micene, Tirinto, Maratona, Tebe, Corinto, Olimpia, Delfi, Pilo, Iolco, Durazzo, Bisanzio, Mykonos, Nasso, Santorini, Cnosso, Rodi, Itaca, Efeso, Smirne, Troia per chi vuole sforzare un po’ di più la memoria e solo per citare quelle più celebri. Ma perché nessuno si ricorda della povera Teos, la città-stato ellenica i cui resti oggi si trovano in Turchia?

L’ingiustamente dimenticata città-stato di Teos

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Crediti foto: @Teos Archaeological Project/ University of Pennsylvania

L’antica città-stato di Teos si trovava sulla costa occidentale della Turchia, nella regione storicamente conosciuta come Ionia. Fra l’altro fu una delle 12 città a unirsi alla Lega Ionica a metà del VII secolo a.C., in modo da far fronte comune con gli altri insediamenti greci a scopo di difesa.

Attualmente, come potete vedere, Teos è un cumulo di rovine e macerie. In parte la colpa è del tempo, ma in parte anche dall’attività agricola senza controllo e dalla negligenza. Un vero peccato visto che 2mila anni fa era ancora un fiorente e ricco centro di arte, cultura ellenistica-romana e commercio. Tuttavia, complice il fatto che la zona, sin dal III secolo d.C. non è stata molto abitata, sia il fatto che, fortunatamente, almeno non hanno costruito sopra le rovine, ecco che gli archeologi della Penn University hanno deciso di riportare in auge tale città.

In particolare gli archeologi si sono concentrati sullo scavo di un antico edificio cittadino chiamato bouleuterion, un tipo di struttura governativa dove i cittadini si riunivano in consiglio per discutere di argomenti di gestione quotidiana. Pare che questo sia l’edificio meglio conservato della città di Teos. Al suo interno potrebbe essere custodita la storia antica della cittadina. Grazie al duro lavoro di scavo sono emersi dettagli interessanti come alcuni antichi mosaici ellenistici e un’iscrizione monumentale parzialmente decifrata.

Perché hanno deciso di scavare proprio il bouleuterion? Beh, perché nel corso dei secoli ha subito diverse ristrutturazioni, il che ha fatto pensare a una modifica della sua funzione nel corso del tempo.

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Crediti foto: @Kadi/ CC BY-SA 4.0

Oggi del bouleuterion rimangono il muro esterno, le sedute in pietra inclinate e alcuni pezzi architettonici smantellati che compaiono qua e là nel paesaggio ormai invaso dalla vegetazione. Ma com’era questo edificio in origine? Probabilmente, durante il periodo ellenistico, la facciata orientale era assai imponente e corredata di un’iscrizione monumentale. In essa era indicata la persona che aveva pagato per costruire l’edificio. Per entrare, si poteva passare per uno dei due ingressi costruiti a nord e sud della facciata. All’interno erano presenti posti a sedere che potevano ospitare un centinaio di persone.

In epoca romana ecco che riadattarono il bouleuterion a uso teatrale. Questo anche grazie al fatto che i cittadini di Teos aggiunsero una struttura scenica nel centro e un portico a tre lati all’edificio, offrendo un ulteriore luogo di ritrovo. Gli scavi non sono stati affatto facili. Con temperature estive di 37-38°C, ecco che per lavorare bisognava arrivare presto al mattino, in modo da evitare il sole cocente del Mediterraneo. Nel pomeriggio, quando il caldo e il sole all’esterno erano tali da impedire di lavorare agevolmente, ecco che gli archeologi si spostavano all’interno per catalogare gli oggetti e analizzare i dati.

Così, dopo diversi anni di lavoro, ecco che gli archeologi sono riusciti a ottenere una cronologia del bouleuterion e delle sue aggiunte architettoniche. Sappiamo così che fu costruito durante il periodo ellenistico, forse verso la fine del III secolo a.C. Il portico, invece, fu aggiunto durante il periodo romano, durante il I secolo d.C.

Durante gli scavi, poi, sono emerse alcune sorprese inaspettate. per esempio, sotto gli strati di terra era presente il bordo piastrellato di un mosaico greco. Ma lavorando, ecco che i mosaici in realtà erano almeno due, distribuiti in stanze separate e risalenti al III secolo a.C. Fra questi mosaici ne spiccava uno in particolare, quello raffigurante due amorini che lottavano. Tali figure sono collegate a Eros, il dio greco dell’amore. Inoltre la sua raffigurazione è collegata a sua volta a Dioniso, il dio greco del vino e divinità protettrice di Teos. Ebbene sì: la Teos greca era sotto la tutela del dio del vino. Non male, vero?

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Crediti foto: @eos Archaeological Project/ University of Pennsylvania

Molto importanti anche i blocchi dell’architrave. Un tempo, ovviamente, si trovavano in alto sull’edificio. Ma adesso sono sparsi a terra e pare che riportino un’iscrizione monumentale, alta almeno 30 centimetri e quasi del tutto cancellata. Solamente con i raggi solari obliqui invernali l’iscrizione diventa maggiormente visibile.

Riuscire a capire quelle lettere sbiadite sembrava una missione impossibile. Tuttavia gli archeologi hanno notato che ciascun blocco di pietra riportava dei segni fatti dai muratori originali. Tali segni servivano a indicare la loro posizione nell’edificio.

Così, ricomponendo questa sorta di puzzle di pietra, ecco che sono riusciti a riordinare i blocchi in modo da ricostruire la facciata dell’edificio e leggere l’iscrizione. Quasi tutta l’iscrizione è stata decifrata. Da quel che si deduce dalla scritta, lo sponsor che aveva pagato per costruire l’edificio probabilmente apparteneva a un gruppetto di artisti dionisiaci. Un tempo costoro erano popolari in città, ma ad un certo punto, chissà perché, furono cacciati via. Ciò spiegherebbe la scritta parzialmente cancellata. Ma gli scavi e gli studi vanno avanti: chissà quante altre meraviglie nascondono ancora i resti della città di Teos?