Dal 1897, anno della sua scoperta, la Dama di Elche suscita tantissime domande, molte questioni che neppure il tempo, probabilmente, riuscirà a sbrigliare. Il busto in pietra, oggi esposto al Museo Archeologico Nazionale di Madrid, è enigmatico per diverse ragioni. Ad esempio non conosciamo con esattezza la sua datazione (anche se inquadrata tra il V e il III secolo a.C.); nessuno sa dire con accurata precisione chi sia l’autore della scultura così come in pochi hanno idee chiare su chi possa rappresentare…
La Dama di Elche è un grande punto interrogativo, sul quale aleggiano un corposo numero di teorie, alcune più credibili di altre, ma sempre di ipotesi parliamo. Prima di addentrarci nell’analisi della cosiddetta “Reina Mora“, forniamo qualche dato storico-cronologico. A ritrovare il busto di pietra fu un giovane manovale durante dei lavori di scavo in un’azienda agricola poco fuori Elche. Il proprietario del terreno accorse sul posto e decise immediatamente la collocazione di quel stupefacente manufatto: il balcone di casa. Un posto simbolico, che avrebbe garantito vasta visibilità a quel pezzo di rara bellezza. Una bellezza che catturò il cuore dell’archeologo francese Pierre Paris, il quale segnalò la scoperta al Louvre.
Tempo qualche mese e la Dama di Elche prese un volo per Parigi, ovviamente dietro lauto compenso. La scultura deliziò i visitatori del più noto museo francese per un quarantennio, perché nel 1941 la Spagna franchista e la Francia di Vichy si accordarono per uno scambio di opere. Così la “Regina Moresca” tornò in terra iberica, venendo esposta al Prado. Noi abbiamo riassunto così la storia del busto, ma dobbiamo pensare come in tutti questi anni si siano effettuate analisi su analisi, di ogni genere, proprio per scovare quante più informazioni su un manufatto così enigmatico.
Procediamo anche in questo caso con calma e raziocinio: la Dama di Elche è un’urna funeraria. All’interno di una cavità sul retro sono state ritrovate tracce di ceneri ossee, queste risalenti al periodo iberico pre-romano. Quindi si potrebbe dedurre come siano state le popolazioni locali, precedenti all’arrivo dei romani, a realizzare il busto? Ehm, ni. Non si sa con estrema certezza, perché gli influssi ellenistici (lineamenti facciali della donna) sono compatibili con lo “stile severo” del IV secolo a.C. Allora si protende per l’influenza artistica punica, considerando la conformazione delle collane e dei ciondoli. Beh, anche quest’ultima ipotesi non soddisfa a pieno, perché c’è un elemento, appositamente lasciato in coda, ancora in grado di far “impazzire” tutti coloro che cercano risposte, nient’altro che risposte: l’acconciatura.
L’acconciatura della Dama di Elche non trova riscontro diretto in nessun altro reperto da noi conosciuto. I due chignon laterali, a forma di disco, rappresentano un arcano ancora oggi irrisolto. Si è parlato nel tempo di divinità, personaggi atlantidei, influenze di popoli lontanissimi (alcuni dei quali nativi delle Americhe), ma niente soddisfa la curiosità degli esperti. Inutile dire che qualcuno si diverte a parlare di manufatto alieno, ma lasciamo perdere.
Giusto per concludere con lo stesso espediente con il quale abbiamo iniziato qualche riga più sopra, siamo sommersi dai dubbi. Di risposte concrete non se ne vede traccia. La Dama di Elche è un esempio quasi unico nel suo genere. Una scultura perfettamente conservata, icona di un passato, come quello iberico pre-romano, del quale non sappiamo molto ma di cui forse si dovrebbe parlare di più.