Nella Roma barocca del XVII secolo, piazza di Spagna ospitava un palazzo che divenne centro attrattivo per centinaia di ragazzi provenienti da tanto lontano. Si tratta del Collegio Urbano della Congregazione Propaganda Fide, che accoglieva ragazzi d’età compresa tra i 14 e i 21 anni. Decenni di studio tra quelle mura, per poi essere rimessi al mondo in qualità di missionari secolari.
Per volere di papa Urbano VIII nel 1627 il palazzo venne destinato all’uso di Propaganda Fide allo scopo di farne un collegio per preparare i giovani missionari. Debitamente addestrati infatti i giovani provenienti dalle frontiere del cattolicesimo si impegnavano a tornare in quegli stessi luoghi in qualità di missionari.
Non erano ammessi italiani fatta eccezione per i ragazzi provenienti dalle aree di Como e della Valtellina. A frequentare la scuola erano infatti ragazzi provenienti dalle zone sotto l’influenza di Propaganda Fide: siriani, persiani, egiziani, albanesi, etiopi, indiani.
Il primo segretario della Congregazione, Ingoli, aveva constatato nel 1625 l’incapacità dei missionari incaricati: erano imbroglioni, avventurieri, incapaci di cui ci si voleva liberare. Era quindi necessaria una scuola dove poter addestrare al meglio i missionari e il Collegio offriva anche un’ulteriore possibilità: il controllo del nuovo personale. Dal 1660 infatti si rese obbligatorio per i missionari formatisi in quel collegio redigere e mandare una relazione sullo stato della loro operazione.
Come funzionavano però le ammissioni presso il Collegio Urbano? A concordare il viaggio dei ragazzi che arrivavano da molto lontano erano i prefetti della missione. Questi avrebbero dovuto accordarsi con i membri di Propaganda Fide sulla partenza dei futuri allievi. In realtà questa operazione di coordinazione spesso falliva: le candidature superavano i posti disponibili.
Ecco che a Roma si riversavano fanciulli da ogni dove, arrivati in maniera rocambolesca e incapaci di tornare a casa. Gravitavano intorno ai Collegi delle varie Congregazioni e per la città, accompagnati da un biglietto di supplica. I ragazzi ammessi, finito il ciclo di studi riprendevano la via di casa in qualità di servitori della Chiesa.