I dettami della Fall Blau (operazione Blu) erano tanto chiari ed espliciti quanto di difficile attuazione: conquistare i bacini del Don e del Volga, prendere il centro strategico di Stalingrado e avanzare fino ai pozzi petroliferi del Caucaso, garantendo un rinnovato rifornimento energico per le successive offensive in terra sovietica. A Berlino sulla carta era tutto facile, ma è sul campo che la storia si scrive e nei giorni che vanno dall’aprile del 1942 ai primi di febbraio del 1943, ai tedeschi mancava, oltre che cibo e munizioni, anche carta e penna.
![Stalingrado capitolazione 6 armata tedesca](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2023/05/stalingrado-e-la-capitolazione-della-6a-armata-tedesca.jpg)
L’esercito dell’Asse impiegato nell’ambito dell’operazione Blu poteva contare su un complessivo di circa un milione e mezzo di uomini. Tra questi vi erano rumeni, croati, italiani e ungheresi. Ma a noi, quest’oggi, interessa seguire da vicino la vicenda che visse la 6ª armata della Wehrmacht – forte di circa 250.000 unità – durante la sanguinosa battaglia di Stalingrado.
In breve si può affermare come almeno nelle prime settimane, l’avanzata condotta nelle steppe dal generale Friedrich Paulus fu un successo. Quando però i tedeschi giunsero alla periferia di Stalingrado, il 17 luglio del ’42, le cose iniziarono a complicarsi. Paulus tentò un frettoloso assalto alla città, nella speranza di sfondare la difesa sovietica, fallendo platealmente. Così la tattica tedesca cambiò programma: urgeva un massiccio bombardamento per destabilizzare (ma soprattutto demoralizzare) gli uomini dell’Armata Rossa.
![Stalingrado mappa offensiva](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2023/05/stalingrado-e-la-capitolazione-della-6a-armata-tedesca-1.jpg)
Così nell’arco di qualche mese la città di Stalingrado (se di città si poteva parlare…) si trasformò in un cumulo di macerie. In questo ambiente, tedeschi e russi si fronteggiarono giorno dopo giorno con perdite insostenibili. Quando andava bene, i tedeschi riuscivano a conquistare una casa o quel che restava di un piccolo condominio. Quando andava male, si perdeva una fiumana di uomini senza neppure avanzare da una strada all’altra. A queste condizioni si devono aggiungere una miriade di fattori contrastanti. Tra questi citiamo: il freddo che si avvicina, l’accanita resistenza sovietica, la fame che sopraggiunge e la questione cecchini.
Gli uomini di Paulus iniziarono a parlare di “Rattenkrieg” – letteralmente “guerra dei ratti” – visto lo scenario in cui si consumavano gli scontri bellici ormai a cadenza quotidiana. A novembre ci fu la svolta. Con l’operazione Urano i sovietici passarono al contrattacco, distruggendo i rumeni ai fianchi della 6ª armata e cingendo d’assedio la stessa Stalingrado occupata. Fu un lento, gelido e doloroso logoramento per i tedeschi. Da Berlino giungevano lampanti ordini di resistenza e inarrendevolezza…Parole al vento.
![case distrutte con soldati a Stalingrado](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2023/05/stalingrado-e-la-capitolazione-della-6a-armata-tedesca-2.jpg)
Dei 250.000 uomini di luglio, circa 90.000 si arresero nel febbraio del ’43. Di questi 90.000, solo 5.000 fecero ritorno a casa in Germania nel 1955. Stalingrado fu l’inizio della fine per le ambizioni dell’Asse. Sì, perché le convinzioni degli alti comandi nazionalsocialisti sull’esito della guerra cominciarono a crollare, proprio come crollarono i palazzi in cemento della città di Stalin sotto le bombe tedesche.