Hanno molti nomi, diversificati per origine, composizione e presunta utilità, ma alla fine dei conti risultano essere la stessa cosa. Anche se, con tutte le ricerche del caso, non sappiamo esattamente cosa… La comunità scientifica-archeologica anglosassone, operativa soprattutto sul dato maltese (di cui vi ho parlato neppure troppo tempo fa), è solita chiamarli “Cart Ruts” ovvero “Solchi di Carro”. Dalle parti di Siracusa – campione che cercherò di esaminare in questa sede – si riferiscono a loro con un più altisonante “Carraie Greche”.
Sia ben chiaro un aspetto, vagamente toccato nell’articolo sul caso maltese: queste conformazioni dal peculiare aspetto e dall’impiego dibattuto si trovano un po’ dappertutto nell’area mediterranea. Noti, e per certi versi più “limpidi”, sono i binari di pietra sardi. Vi dirò di più: nella stessa isola sicula la presenza dei solchi è molteplice. Essa si estende dal meridione insulare, passando per il centro, giungendo fino alla punta occidentale. Ma se ho scelto di trattare la questione siracusana è per motivi puramente analogici. In parole povere: regge bene il confronto con Malta.
Paragoni che finiscono per intrecciarsi come i binari scavati sulla dura pietra, dando vita a complessi incroci tra linee parallele che non dovrebbero, per natura, ibridarsi e che invece lo fanno, lasciando perplessi coloro che cercano una spiegazione al fenomeno. Appunto, una spiegazione. L’ipotesi attorno alla quale ruota la maggior parte dell’analisi archeologica dei principali esperti è la seguente: quelle di Malta, Siracusa, dell’Asia Minore o della Sardegna, non sono altro che linee scavate nel corso del tempo dal costante passaggio di carri trainati. Come dicevamo in precedenza, la congiunzione con Malta suggerisce come anche questa teoria abbia qualche lato inspiegato e, in definitiva, inspiegabile.
Le “Carraie Greche” siracusane si estendono lungo il perimetro delle antiche mura erette per volere di Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa tra V e IV secolo a.C. Inoltre si snodano attorno a delle arcaiche cave di pietra. Questa è una qualità tutta siciliana, dal momento che gli altri solchi mediterranei sono in qualche modo collegati a vicine necropoli. Da quel che si evince dalle diverse ricerche fin qui condotte, i solchi siracusani non sarebbero più antichi dell’VIII secolo a.C. Il momento è topico, perché risalente allo sbarco corinzio sulla riva dell’Ortigia, parte più antica della polis magnogreca.
Ma questa certificata origine ellenica cozza con un’altra ipotesi, ancora una volta unificante tra il campione di Siracusa e quello maltese. Non pochi studiosi ritengono che i solchi dell’arcipelago maltese traggano ispirazione dall’operato siciliano. Ciò, tuttavia, è in contrasto con il fatto che le carraie sicule siano più recenti. Inoltre i binari di Malta sono strettamente legati a composizioni megalitiche, caratteristica pressoché nulla (tranne per il dolmen di Avola) per il siracusano. Più che una strada secondaria nell’indagine archeologica, quest’ultime contraddizioni sembrano affossare un eventuale collegamento cronologico-culturale tra Malta e Siracusa.
Come trascurare la dimensione religiosa, che per alcuni ricercatori risulta essere la chiave di volta per scardinare la vaga incomprensione attorno al fenomeno dei “Cart ruts“? Ebbene, laddove le linee non seguono logiche di movimento o di trasporto, ci si può giocare la carta del culto religioso. L’irrazionalità dei tragitti d’altronde non lascia pensare ad altro. L’articolo non vuole (e non può, in mancanza di approfonditi studi di carattere accademico) fornire delle risposte sulle “Carraie Greche” di Siracusa, ma è espressione di un mio chiaro intento: incuriosire. Spero di esserci riuscito con il duplice caso mediterraneo. Un domani potrei volgere lo sguardo verso la romana Sandalia, che per solchi scolpiti sulla pietra non è seconda a nessuno, anzi.