È il 13 luglio 1914, il sole ancora non è sorto ma per le strade di Camerata Cornello, un piccolo paesino entro la Val Brembana, nel bergamasco, si aggira un uomo armato di fucile a tripla canna. Simone Pianetti è il suo nome. Vendicarsi dei soprusi subiti negli anni è il suo obiettivo. In tasca c’è una lista di nomi, potenzialmente tutti loro troveranno la morte in quel dì d’estate.
I primi tre sono un notaio, un funzionario e il cognato. Tutti e tre la scampano perché assenti nelle rispettive abitazioni. Pianetti è frustrato, ceco dalla rabbia, si dirige dal medico del paese, reo di non aver curato bene la figlia nel momento del bisogno. Il dottore è la prima vittima. Ora tocca al municipio, all’interno del quale l’uomo fredda il segretario comunale e sua figlia. Segue il calzolaio, accusato di avere la bocca troppo larga; poi è il turno di un’umile contadina, che però aveva rifiutato di acquistare un sacco di farina dal Pianetti, perché “guasta” (un buon motivo per uccidere).
Il giorno non è finito e la lista è ancora lunga, ma l’uomo decide di ritirarsi sulle montagne, che conosce bene, anzi, benissimo. Intanto le autorità scendono in campo, provano a cercarlo, c’è anche la taglia di lire 5.000. Di Simone Pianetti nessuna traccia. Si manda il figlio per provare a farlo ragionare, il padre lo accoglie e dice “non mi troveranno mai né vivo, né morto”. Mai parole furono più veritiere e la sua scomparsa è ancora oggi un mistero. I giornali ne parlano e in tanti vedono in Pianetti un’eroe, l’unico in grado di far fronte alle ingiustizie della vita.
Arrivati a questo punto, tutti voi vi starete chiedendo il perché di queste scellerate azioni. Dunque, di motivi ce ne sono (lungi dal giustificare il pluriomicida, sia chiaro) e affondano le loro radici nel trascorso di Pianetti. Un uomo sanguigno, a volte introverso, vulcanico e irascibile; tutto vero, ma anche un individuo che in vita si è fatto in dieci per garantire un futuro prospero alla famiglia (sua moglie e altri nove figli). Partito per gli States, Simone Pianetti, classe 1858, apre un’impresa alimentare a New York. Non volendo pagare il pizzo alla Mano Nera, vede ammazzato il socio in affari. Torna in Italia e, avendo conosciuto la modernità, vuole riproporla in chiave paesana.
Apre una sala da ballo nei primi anni del nuovo secolo. All’inizio è un grandissimo successo, ma presto in paese si spargono cattive voci. Qualcuno, più di qualcuno, indica quella sala da ballo come un luogo di perdizione. Anche questa attività, legata ad un’osteria, chiude i battenti. Ah, abbiamo dimenticato un dettaglio, Pianetti ha idee sovversive, filo-anarchiche, che proprio non piacciono e che quindi permettono ai compaesani di prendersela molto facilmente con lui.
Infine per non morire di fame, l’ex tiratore scelto (sì, con i fucili ci sapeva fare) decide di aprire un mulino elettrico nel vicino comune di San Giovanni Bianco. Anche lì le chiacchiere malevoli lo raggiungono e imputano alla sua farina le peggiori qualità. Ciao ciao al mulino, la povertà incombe. Così arriva il 13 luglio del 1914 e Simone Pianetti, ormai stanco, imbraccia il suo fucile a tripla canna. Il resto della storia vi è ben nota.