Sensazionale l’esito della campagna di scavi condotta lo scorso anno nel sito archeologico di Novae, estremo nord della Bulgaria. Il team polacco d’archeologi guidato dal Prof. Piotr Dyczek ha scoperto un antico frigorifero utilizzato dai legionari romani stanziati lungo il Basso Danubio 1.900 anni fa. Il sito in realtà è centro d’interesse per la comunità scientifica da diversi anni, ma risale al 2023 la scoperta di un castrum sul limes Moesiae. Procediamo con l’analisi della scoperta.
Innanzi tutto è bene specificare un aspetto dell’intera vicenda archeologica. L’area di Novae rivela già da tempo dettagli inediti sulla quotidianità di una legione romana tipo, nonché gli aspetti più curiosi di un’eventuale unità infrastrutturale come lo può essere un accampamento militare fisso. Nello specifico la scoperta a cui si fa riferimento prova con inconfutabile chiarezza le avanzate tecniche romane alla base della fornitura idrica e per la conservazione delle razioni alimentari per gli uomini in arme.
Non guasta, in seconda analisi, un breve sunto sulla centralità strategica di Novae. Scelta dall’imperatore Claudio come fortezza ospitante la Legio VIII Augusta, incentrata sulla difesa e l’amministrazione del limes danubiano. Questa progressivamente lasciò il passo alla formazione di un centro abitato, Moesia Secunda, raffrontabile con l’odierna Svishtov. La suddetta legione si formò sotto l’ordine di Cesare, ma venne rimodulata da Ottaviano Augusto, da cui prese il nome. La dislocazione nei pressi di Novae perdurò dal 46 d.C. al 68 d.C. Ciò che resta oggi del presidio si estende per circa 18 ettari e conta sulle vestigia di un quartier generale (principia), l’ospedale legionario (valetudinarium) e le terme (thermae legionis).
Dopo le doverose coordinate storiche e geografiche concentriamoci sulla succulenta ciliegina. Il team del Prof. Dyczek ha prima rinvenuto un pozzo, il primo nell’area di Novae. La cavità verticale forniva acqua attraverso un complesso sistema di acquedotti in ceramica e piombo. Ad esso si collegava un sistema di raffreddamento che definire avanzato per l’epoca sarebbe un eufemismo.
Dando un’occhiata al castro, nella pavimentazione si nota un vano, accerchiato da un tubo di piombo. Quest’ultimo serviva al passaggio dell’acqua fredda. Il vano, piastrellato con ceramiche, poteva perciò usufruire del costante passaggio di acqua gelida per mantenere la temperatura interna notevolmente bassa, idonea alla conservazione di cibo e bevande.
E se qualcuno pensasse come questa proposta sia solo un’ipotesi, esistono prove organiche a conferma della teoria avanzata. All’interno del vano gli addetti alla ricerca hanno rintracciato residui ossei animali, scodelle e frammenti di vasi (dolia, per la conservazione del vino). A qualche metro di distanza dal frigorifero gli archeologi hanno scoperto ulteriori reperti, tra cui segnaliamo un ciondolo raffigurante un topo. E pensare che il frigorifero, nella mente di molti, è sinonimo di contemporaneità. Una convinzione che l’archeologia smentisce, ricordandoci come la grandezza di Roma passasse anche per una simile innovazione tecnica.