Di una cosa la comunità storico-archeologica è certa: le popolazioni precolombiane non erano seconde a nessuno per quanto riguarda sacrifici umani e processi di mummificazione. A rafforzare una certezza già salda di suo ci ha pensato un’indagine archeologica condotta non lontano dalla capitale Lima, più nello specifico nel distretto peruviano di Cajamarquilla. Qui, con grande stupore, gli addetti si sono imbattuti in 20 mummie precolombiane, imbalsamate tra i 1.200 e gli 800 anni fa.
A dire il vero il tam-tam mediatico si è scatenato con il primo ritrovamento. Gli operatori dell’Universidad Nacional Mayor de San Marcos (UNMSM), impegnati in alcune indagini di facciata sul sito archeologico, hanno “fiutato” una traccia che li avrebbe condotti all’interno di una cavità. Da stabilire se quest’ultima sia naturale o artificiale; si protende per la seconda. Per l’appunto, dentro la grotta hanno trovato un insieme di resti manifatturieri di vario tipo. Nello specifico lo sguardo dei presenti è ricaduto su una mummia fasciata e legata da corde. Raccolto il posizione fetale, il corpo imbalsamato – un giovane venuto a mancare all’età di 20 anni circa – stupisce per la disposizione delle mani, congiunte a coprire il volto.
L’emblema della disperazione, direi. Per quanto possa far sorridere, si tratta in realtà di un’usanza funeraria tipica delle popolazioni pre-inca nel meridione del Perù. La salma imbalsamata è entrata a far parte del corpus di 20 mummie precolombiane successivamente scoperte.
Ulteriori informazioni provengono dalle parole di Pieter Van Dalen, archeologo e ricercatore impegnato nella campagna di scavo di Cajamarquilla. L’esperto sostiene come non tutti i resti ritrovati abbiano conosciuto un processo di mummificazione. Tra le fasciature erano presenti anche ossa. C’è la concreta possibilità che gli altri corpi siano andati incontro al sacrificio. Ciò nell’ottica di un trapasso comune per accompagnare nell’aldilà il primo e più importante (sulla scala sociale) defunto. Val Delen ammette: “Per loro, la morte non era la fine. Piuttosto una transizione verso un mondo parallelo in cui vivevano i morti. Pensavano che le anime dei morti diventassero protettrici dei vivi”.
Le analisi sui resti hanno svelato una duplice realtà. Pare che tra le 20 mummie precolombiane ci sia una parvenza di parentela e, in secondo luogo, come alcuni individui abbiano subito violenze prima della dipartita. Facile eseguire la seguente operazione: violenze = sacrificio rituale.
Yomira Huamán, anch’ella impegnata in prima linea nella campagna di scavi peruviana, sostiene come Cajamarquilla “stia svelando, al momento, solo l’1% dei suoi antichi segreti” e come “abbia molto altro da dirci”. Ha senso, visto che il Perù sotto questo punto di vista è una fonte infinita dalla quale attingere, archeologicamente parlando. Attendiamo novità dal futuro, senza cadere nella “disperazione” di un ragazzo che circa un millennio fa trovò sì la morte, ma con essa una sorta di eternità corporea.