Nell’area padana, all’incirca nel III millennio a.C., si sviluppò una civiltà di cui abbiamo nozione solamente grazie ai suoi lasciti materiali e sepolcrali. La “Cultura di Remedello” (il nome riprende quello del comune in cui è avvenuta la prima scoperta riferita a questa facies culturale della preistoria peninsulare) manifestò i propri tratti peculiari durante la tarda Età del Rame. Non mancano comunque esempi rintracciabili nell’Età del Bronzo e del Ferro. In provincia di Mantova, esattamente nei pressi del comune di San Giorgio Bigarello, questa cultura è tornata a far parlare di sé. Qui di seguito spiegherò il perché, anche se dal titolo si sarà intuito qualcosa.
Lo scorso novembre esperti archeologi hanno posato il loro stupefatto sguardo su una necropoli di circa 5.000 anni fa. Il team ha rinvenuto 22 tombe e un numero considerevole tra manufatti e armi. L’importanza della scoperta è oltremodo rilevante, non solo per il quantitativo di reperti ritrovati, ma anche per la qualità della loro fattura e per l’ideale stato di conservazione.
Gli addetti ai lavori hanno stilato un’interessante lista per la catalogazione dei reperti. Spiccano perciò molte armi come pugnali (alcuni dei quali forse forgiati a scopo rituale), punte di freccia, oggetti d’offesa in selce e lame decorate. Grazie all’analisi in laboratorio che gli esperti stanno conducendo, per mezzo delle moderne tecniche biotecnologiche, si riuscirà a comprendere meglio la ritualità delle popolazioni padane vissute millenni fa.
Nelle 22 tombe che vanno a comporre la necropoli, la maggior parte dei corpi si è conservata in modo ottimale. Il merito è del terreno sabbioso in cui hanno avuto luogo le inumazioni. Simone Sestito, uno degli archeologi responsabili del sito, facente parte del Ministero della Cultura, ha così commentato la scoperta: “La preservazione degli scheletri è impressionante, soprattutto considerando che le tombe si trovavano solo a circa 10 centimetri sotto la superficie”.
Il collegamento con la Cultura di Remedello è balzato alla mente dei presenti per molte ragioni, la principale però riguarda la pozione dei corpi. Gli uomini e le donne che concessero la degna sepoltura a questi guerrieri, si adoperarono per riporli sul lato sinistro del corpo. In posizione fetale, il capo dei trapassati volgeva a nord-ovest. Per l’appunto, la stessa identica posa è riscontrabile in molte altre tumulazioni appartenenti alla Cultura di Remedello.
In definitiva, vorrei evidenziare il contributo che stanno fornendo alcuni ricercatori dell’Università di Bologna. Come sempre, lo scopo ultimo è quello di fare luce su una cultura, uno stile di vita, una quotidianità lontanissima nel tempo, di cui sappiamo tremendamente poco. L’intento è nobile, speriamo che il risultato finale sia altrettanto remunerativo in termini culturali.