Pesa la bellezza di due tonnellate, è alta due metri e mezzo per quasi quattro metri di lunghezza, eppure da quando è stata realizzata dal maestro Jan van Eyck nel 1432, la Pala d’altare di Gand, anche detta Polittico dell’Agnello Mistico, risulta essere stata rubata non una, non due, bensì sei volte! È a tutti gli effetti un record, uno di quelli strani, di cui oggi però voglio parlarvi.

Sorvolando sul valore artistico della pala, sul quale magari torneremo in separata sede, è quantomai doveroso soffermarsi sulla sua storia a dir poco rocambolesca. Sacrosanto citare, in tal senso, il lavoro dello storico dell’arte Noah Charney, autore di The Art Thief. Il titolo è tutto un programma. Charney è uno dei primi storici dell’arte contemporanei a fornire una ricca analisi delle occasioni in cui la Pala di Gand è finita nelle mani di malintenzionati o presunti tali.
Voglio ribadire l’imponenza dell’opera, che consta di 12 pannelli. Anche solo escogitare un piano per scipparli nell’anonimato più assoluto richiederebbe la mente di un genio del male. I primi a farlo furono i calvinisti, nel 1566. Questo primo episodio a dire il vero è riportato in modo abbastanza vago dalle fonti. Sembra che i riformati calvinisti, nel periodo della grande furia iconoclasta tardo cinquecentesca (che la storiografia nordeuropea ama chiamare tempesta di Beelden) avessero effettivamente preso o danneggiato i pannelli inferiori dell’opera. L’allarme rientrò subito, visto che all’acquietarsi della furia iconoclasta le guardie spostarono la pala d’altare prima nella soffitta della Cattedrale di San Bavone a Gand, poi nel municipio cittadino.
La seconda razzia si verificò dopo la Rivoluzione francese, nel mentre che la furia napoleonica imperversava in Europa. Le truppe del generale corso smontarono quattro dei pannelli centrali dell’opera e li portarono a Parigi, per la precisione al Louvre. Qui furono esposti fino al 1815, quando il Congresso di Vienna ordinò alla Francia la restituzione dei pannelli.
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Il terzo episodio criminale, sebbene non si possa definire un vero e proprio furto secondo il senso stretto del termine, risale al periodo post-napoleonico. Nel 1816 il vescovo di Gand mise mano su la maggior parte del Polittico dell’Agnello Mistico. Lo fece secondo metodi non proprio ortodossi: commissionò un ladro per rubarli e da buon doppiogiochista gridò al ladro, salvo tenere nascosta la refurtiva. Impegnò i pannelli per 240 sterline dell’epoca. Non riuscì a riscattarli, così finirono nelle mani di Edward Solly, facoltoso collezionista d’arte che se li aggiudicò ad un’asta a Berlino per la bellezza di 4.000 sterline. Solly vendette ciò che possedeva della pala d’altare al re di Prussia Federico Guglielmo III, che la espose (seppur incompleta) al Gemäldegalerie di Berlino.
I pannelli laterali raffiguranti Adamo ed Eva rimasti a Gand non se la passarono tanto meglio. Un incendio mise a repentaglio la loro sopravvivenza nel 1822. Dopo il misfatto, si decise di incernierarli separatamente e spedirli a Bruxelles.
Allo scoppio della Grande Guerra, le truppe tedesche che violarono la neutralità del Belgio fecero man bassa dei restanti pannelli conservati a Gand. Questi rimasero a Berlino fino al 1920. Finalmente con il termine della Prima guerra mondiale, la Germania restituì al Belgio i pannelli trafugati (assieme a quelli legittimamente acquisiti esattamente un secolo prima), secondo una specifica clausola del Trattato di Versailles.
Per l’opera di Jan van Eyck, rubata già troppe volte nel corso di cinque secoli di vita e infine ricostituita, sembrava prospettarsi un futuro tranquillo. Nemmeno per sogno. È il 10 aprile 1934 quando un ladro, rimasto anonimo, riesce ad intrufolarsi di notte nella Cattedrale di San Bavone, smontare due pannelli esterni e filarsela senza che nessuno se ne accorga. I due pannelli erano quelli de I Giudici Giusti e di San Giovanni Battista. Quest’ultimo fu riconsegnato dal ladro come “gesto di buona volontà” ma del primo non vi fu e non vi è tutt’ora alcuna traccia.
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Ancora nel 1940, in piena Seconda guerra mondiale, la Germania nazionalsocialista, in quanto forza occupante del Belgio, decise di spostare il Polittico da Gand a Roma, precisamente nel Vaticano. Con l’ingresso del nostro paese in guerra però l’opera d’arte rimase bloccata in Francia, in una sorta di stallo burocratico. A sbrigliare la situazione ci pensò il Führer in persona. Egli ordinò di sequestrare la pala d’altare e di stiparla prima nel castello di Neuschwanstein, in Baviera, poi nella miniera di sale di Altaussee, in Austria. Qui vi rimase – non senza danneggiamenti – fino al termine del conflitto. Con il programma Monumenti, Belle Arti e Archivi messo gli Alleati restituirono il grandioso capolavoro del Rinascimento fiammingo alla sua città natale.
E allora si può dire a ragion veduta come il Polittico dell’Agnello Mistico sia davvero l’opera d’arte più rubata della storia. La sua travagliata esistenza lo ha reso non solo un capolavoro artistico, ma anche una leggenda della storia dell’arte.