Tutti, chi più, chi meno, sanno quanto sia importante mantenere dei buoni rapporti col proprio vicinato. Altrettanto rilevante è non cadere in disgrazia presso di loro, onde evitare ripicche, indifferenza e dissapori di vario genere. Quando ciò accade – e fidatevi, spesso accade – si può reagire principalmente in due modi: o da ambo le parti si manifesta una volontà concreta di riappacificazione, o la questione può esacerbare, portando a contromisure estreme, come ad esempio le case del dispetto. Sapete cosa son, vero?
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Esse nascono come originale fenomeno architettonico legato al più recondito e logorante dei sentimenti: la sete di vendetta. Per esternarla l’uomo ha sempre sfoggiato la sua più acuta creatività, dando vita alle cosiddette case del dispetto. Questi edifici, diffusi in varie epoche e luoghi, sono un esempio lampante di come i conflitti personali possano prendere forma concreta, lasciando segni tangibili nelle città o nei paesaggi rurali.
Volendola dire in parole spicciole, sono case che sorgono per causare fastidio al proprio vicino – reo di aver fatto qualcosa di sgradito. Visto che l’occupazione a lungo termine non è esattamente lo scopo primario di queste case, molto spesso si contraddistinguono per delle strutture bizzarre e per nulla funzionali. Ecco perché ancora oggi attirano turisti e curiosi da ogni angolo del mondo. Ora, se andaste sul web e cercaste esempi topici, trovereste quasi esclusivamente edifici americani. Forse perché da quelle parti hanno sempre avuto un buon fiuto per gli affari e sanno come pubblicizzare pressoché qualunque cosa. Ma in questa sede si tratteranno solo casi nostrani, poiché anche nel Bel Paese sappiamo come raggirare le regole per suscitare un po’ di sana stizza a chi non ci sta particolarmente simpatico.
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Un caso noto in Italia è quello di Petralia Sottana, borgo siciliano facente parte della città metropolitana di Palermo. Qui si trova la famosa Casa du Currivu, ovvero Casa del Dispetto; l’edificio detiene una sorta di record, anche se difficilmente comprovabile: quello di essere la casa più stretta al mondo. La storia della Casa du Currivu inizia negli anni ’50 quando in assenza di regolamentazione adeguata, le famiglie in espansione tendevano ad innalzare le proprie abitazioni in senso verticale. Era buona norma chiedere ai vicini (soprattutto in caso di muro comunicante) il consenso per procedere con i lavori. Molto spesso la risposta era positiva; delle volte tuttavia il vicinato tuonava con un secco “no”.
Ciò accadde ad un cittadino petralese, il quale chiese al vicino di poter innalzare la propria casa di un piano ma dovette far fronte al rifiuto di quest’ultimo. La motivazione? Il vicino temeva di perdere la bella vista panoramica di cui la sua dimora godeva. Scoppiò la contesa. Lo scontento ma determinato proprietario andò in comune, dove gli dissero di non poter costruire privo dell’accordo col vicino… A meno che non si fosse rispettata la distanza minima di sicurezza tra i due edifici. Una scappatoia del genere fece venire l’idea geniale al petralese.
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Prendendo le misure, egli si accorse che un’eventuale aggiunta edilizia non sarebbe stata abitabile. Eppure era quanto bastava per ostruire l’amata vista all’odiato confinante. Dopo qualche mese il nuovo piano venne alla luce, forte del suo metro di larghezza, con tanto di balcone panoramico a sfregio del vicino. Non pago della sua vendetta, il proprietario fece dipingere di nero la parete sulla quale dava la finestra (non più) panoramica dell’avversario.
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Dal palermitano spostiamoci a Bergamo. Dietro il Piazza del Duomo nella Città Alta, si accede ad una piccola piazzola: Piazza Reginaldo Giuliano. Osservando il palazzo che ospita il comando locale della polizia, si nota che alla sinistra del cancello c’è una larga murata con le finestre sbarrate. Come mai? Semplice, il muro è finto e di conseguenza lo sono anche gli infissi. Quel muro fu costruito tra il 1839 e il 1840 ufficialmente “per dare simmetria all’edificio”. Il problema, se non lo si fosse capito, è che dietro quel muro si trovava la facciata esterna di un palazzo, facciata che ancora oggi, seppur con qualche difficoltà, si può scorgere.
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Una volta quelle finestre davano sul tetto di una chiesa che si trovava al centro dell’attuale cortile e che fu buttata giù per ragioni di spazio. Per “occultare” l’insensatezza della scelta, il comune fece costruire una parete di giunzione tra il muro finto e il palazzo. Come si vede dalle fotografie, il risultato lascia un po’ a desiderare. Sebbene non si stia parlando di case del dispetto propriamente dette, il principio alla base rende l’edificio di Bergamo alta degno di questa lista.
Concludiamo questa rassegna andando nel cuore pulsante del Piemonte. A Torino ci si può imbattere nella Casa Scaccabarozzi, altresì nota come “fetta di polenta”. 24 metri di altezza, nove piani (sette superiori, due interrati), pianta trapezoidale che genera una parete lunga solo 54 centimetri sul lato più corto, l’edificio è surreale oltre che essere iconico. L’idea, mano a dirlo, venne ad Alessandro Antonelli, il papà della Mole. A suo modo, anche la Casa Scaccabarozzi rientra nel novero delle case del dispetto.
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Il tutto originò dall’ostinatezza dell’architetto e dal diniego continuo delle autorità. La questione alla base della faida riguardò l’allargamento dell’appezzamento di terra già in possesso dell’Antonelli, purtroppo non concesso dall’amministrazione comunale. Antonelli ne prese atto e sfidò il comune. Costruì un palazzo altissimo col poco spazio a disposizione – fra l’altro dalla forma irregolare – sfruttandolo chiaramente in senso verticale. Ne venne fuori la fetta di polenta, stabile e perfettamente abitabile. Se passate per via Giulia di Barolo, fateci caso, rimarrete a bocca aperta.