Poco prima che il nome di Rosalba Carriera (1673-1757) emergesse nella scena artistica europea settecentesca, l’uso del pastello nei dipinti era solamente un’operazione preliminare e preparatoria, buono per una bozza o al massimo per uno schizzo. Carriera, già nella sua prima fase di vita artistica trascorsa a Venezia, città della quale fu figlia, riconosce il potenziale tecnico ed estetico del pastello e va anche oltre. Lo eleva a simbolo esemplificativo del Rococò, momento in cui la sua ritrattistica si afferma a livello internazionale, contribuendo a conformare un canone artistico univoco e contraddistinto.

Rosalba Carriera è stata a suo modo rivoluzionaria – termine particolarmente azzeccato per il secolo in cui vive – perché per prima ha dato dignità stilistica al pastello. Se volessimo solamente assaporare parte di quel successo mondiale che ottenne, potremmo farlo in questo modo: analizzando Rosalba Carriera in 3 opere.
1 – Ritratto femminile con maschera, primi del XVIII secolo.
Se non lo si fosse capito, Rosalba Carriera è passata alla storia per la maestria con cui si è avvalsa del pastello. Ritratto femminile con maschera è a parere di molti uno dei primi dipinti a condensare biografia, stile ed estro della ritrattista. L’opera raffigura una giovane donna dall’aspetto aristocratico, con una tipica acconciatura e abiti dell’epoca Rococò. Il dettaglio più intrigante del dipinto è la maschera nera, che la donna tiene con eleganza tra le dita. L’oggetto del mistero è quanto di più veneziano ci possa essere; marchio dell’omonimo carnevale, esso simboleggia l’enigma e la seduzione, temi cari al Rococò come lo è quello del “doppio” (doppia personalità, doppia anima). Allude, se vogliamo, alla frivolezza e all’eleganza della società veneziana dell’epoca, la quale prediligeva il mascheramento come forma di libertà sociale e gioco amoroso.

Il pastello qui fa tutta la differenza del mondo. I colori chiari, leggermente sfumati, uniti alla delicatezza del tratto, conferiscono alla dama un’aurea celeste. L’equilibrio che pure si nota fra luci e ombre non fa altro che accentuare i lineamenti dolci della ragazza e la leggerezza della stoffa con cui veste. Non si cade nell’eccesso barocco e Carriera ci tiene a dimostrarlo. Presenta allo spettatore una donna di mondo, che fa della società il suo ambiente naturale, pur preservando l’eleganza tipicamente veneziana.
2 – Autoritratto (con corona, n.d.r.), 1746.
Ne passa di tempo dal primo autoritratto, del periodo romano (1709 circa), al suo ultimo sforzo artistico in questa tipologia, del 1746. Passa il tempo, muta il fisico, cambia la percezione che si ha di sé. Sempre di un pastello su carta parliamo, ma qui non è tanto la tecnica a prendersi la scena, quanto il senso del dipinto. Carriera è anziana, sfora i settant’anni ed è in (apparente) ripresa dopo un intervento alla cornea. Ci vede e non ci vede, ma realizza comunque un capolavoro. Il volto è duro, provato, ma orgoglioso di ciò che è stato e del lascito che ci sarà.

In questo autoritratto, oltre ai lineamenti del volto e ai colori smorzati, spicca la corona d’alloro. Elemento che suggerisce in parte lo stato d’animo dell’artista. Si potrebbe pensare all’autocelebrazione, ed è giusto che lo si faccia. Rosalba Carriera era pienamente consapevole dell’entità del suo successo, del fatto di essere stata per mezzo secolo sulla bocca dei principali mecenati d’Europa. La corona sta indicare quella consapevolezza, chiamata superbia solo da chi non riconosce l’oggettiva padronanza tecnica di un’artista a tutto tondo.
3 – Luigi XV di Francia, 1720.
Dopo essere rientrata nell’Accademia di San Luca a Roma nel 1705, Rosalba Carriera si distingue per una particolare propensione alla ritrattistica di corte. Una prima prova la fa subito, nel 1708, dipingendo re Federico IV di Danimarca. Piace a lei, soddisfa il re, incuriosisce le altri corti, anzi, La corte per eccellenza: quella di Francia. Luigi XV di Borbone, non ancora il Beneamato perché bambino, necessita di un ritratto e la reggenza opta per l’artista veneziana. Re Luigi ha solo 10 anni d’età ma su di lui grava una responsabilità immensa; non serve che vi dica quale. Ebbene l’eccellente lavoro di Carriera gioca con il contrasto età-ruolo.

Se da una parte il ritratto di Luigi XV di Francia non impone all’osservatore la visione di un “bambino adulto” (come spesso si faceva all’epoca) – caratteristica determinata ancora dall’uso del pastello, che conferisce calore e tenerezza al volto fiero dell’infante – dall’altra l’autrice fa di tutto per donare all’erede di Casa Borbone un tono autorevole, solenne per meglio dire. Con questa opera Rosalba Carriera toccò l’apice della sua carriera artistica, perché Versailles, con le sue dinamiche a tratti grottesche e tratti soggioganti, sopraelevava l’essere umano su tutti gli altri. Nella sfera artistica, per Carriera, accadde proprio ciò.