Dei lavori per la bonifica della rete idrica stradale hanno portato ancora una volta a delle scoperte dall’estremo valore archeologico. Lo si legge nel titolo e non poteva che essere Roma. Non distante dal Parco dell’Appia Antica, le indagini hanno permesso la scoperta di un edificio funerario costruito nel II secolo d.C. All’interno dell’ambiente parzialmente crollato (forse a causa del processo di urbanizzazione avvenuto durante gli anni ’30 del secolo scorso) gli archeologi hanno rinvenuto diversi reperti che analizzeremo qui di seguito. In particolare a colpire i presenti sarebbe stata una lapide…
La Soprintendenza speciale di Roma ammette di aver scoperto un edificio funerario facente parte dell’antica necropoli situata in Via Latina (la strada che da Roma conduceva a Capua). Gli addetti ai lavori hanno potuto poggiare il loro sguardo su olle (ovvero delle urne murate), sepolture a inumazione e reperti marmorei di vario tipo.
A due metri contati dall’attuale manto stradale è stata trovata una lapide in marmo davvero eccezionale, anche per via dell’iscrizione chiara ed esplicita. Questa riporta: “Valeria P F Laeta vixit annis XIII m VII”. L’incisione, che secondo la tradizione paleografia è in Capitale Latina, si potrebbe tradurre in “Valeria Laeta figlia di P (Publio?) visse 13 anni e 7 mesi”. Limpido il riferimento alla scomparsa di una ragazzina di giovane età, vissuta quasi due millenni fa.
Dallo scavo sono emersi anche dei pregiati frammenti in marmo appartenenti ad un sarcofago romano. Probabilmente si tratta di un sarcofago a lenòs (quindi a vasca), tipologia diffusa proprio a partire dal II secolo d.C. Uno dei frammenti presenta una sorprendente scena di caccia; nel bassorilievo un mastino (a destra) sembra stanare una leonessa (sulla sinistra), a sua volta avvicinata da una figura equina (di cui notiamo solamente le zampe).
L’ambiente sepolcrale è sopravvissuto nel tempo grazie alla solidità strutturale del tufo e della muratura. Quest’ultima, ricoperta da un opus latericium (una sorta di schiera a mattoni), ha retto nonostante il trascorrere dei secoli. Si è anche conservata una parvenza dell’intonaco che una volta colorava la stanza. Le tonalità predominanti erano il giallo e il rosso.
Ormai è risaputo, cimentarsi in lavori di restauro, bonifica o scavo in quel di Roma significa mettere in conto potenziali scoperte archeologiche. Sotto questo punto di vista (che è quello della cultura) siamo estremamente fortunati. Non dobbiamo mai dimenticarlo, ma anzi, deve essere una consapevolezza da custodire gelosamente, con tenacia.