Il Senato organizzò la difesa della città preoccupandosi in primis della raccolta e conserva del frumento. Poi si premurò di richiamare alle armi ogni cittadino in grado di impugnare una spada. Nel 508 a.C. la sensazione comune era quella di dover salutare prematuramente l’assetto repubblicano appena adottato in favore di un ritorno all’autocrazia monarchica, di cui portavoce si faceva ancora l’odiatissimo Tarquinio il Superbo. Ma se quest’ultimo covava ancora qualche speranza di ritornare da sovrano a Roma, lo doveva esclusivamente al supporto militare ottenuto da Lars Porsenna.
Lucumone di Chiusi, vertice militare di spicco della dodecapoli etrusca (e quindi presentato dalla successiva storiografia imperiale come “Re degli Etruschi“), ultimo vero volto della potenza tuscia, Porsenna si decise a marciare verso sud per punire i “ribelli” romani. D’altronde le possibilità di guadagno superavano di gran lunga le probabilità di perdita; l’Urbe non stava vivendo proprio un bel periodo dal punto di vista politico, economico e militare. L’azzardo non era poi così tanto un azzardo nella testa del lucumone.
Tipica premessa sulla storia romana arcaica: a raccontarci l’assedio di Roma sono autori d’età imperiale come Tito Livio, Plinio il Vecchio e Tacito. Ecco, come dire… I tre autorevolissimi romanzano un po’ l’episodio, raccontandoci dell’orgogliosa resistenza romana, di atti eroici da parte di alcuni personaggi storicamente noti (espliciti sono gli esempi dell’impavido Muzio Scevola e della patriottica Clelia), omettendo la cosa più importante: alla fine Porsenna ebbe la meglio ed è molto probabile che giunse addirittura a governare la città per un periodo di tempo non meglio definito.
Detto ciò, le fonti riportano come Lars Porsenna prima di scegliere la via dell’assedio, tentò un attacco diretto presso il pons Sublicius. Peccato che un eroico Orazio Coclite, distrutto il ponte per impedire il passaggio degli etruschi, da solo riuscì a tenere a bada l’intero esercito nemico. Leggenda o realtà? Protendiamo per la prima. Non ce ne vogliano gli autori romani (che ci parlano di una desistenza finale nel conquistare Roma), ma alla fine Porsenna vinse, anche perché dentro le mura si cominciava a patire davvero la fame. Gli accordi di pace in realtà non furono chissà quanto denigranti per Roma, la quale poté mantenere l’assetto repubblicano, cedendo al contempo i territorio conquistati ai Veienti.
Dopo il 507 a.C. Porsenna decise di continuare la sua conquista verso sud, inoltrandosi nei territori latini. Sarebbe stato l’ultimo tentativo d’espansione etrusca verso le terre meridionali. Cuma ed Aricia si opposero, anzi, quest’ultima costò la vita al figlio del lucumone, Arunte. Compreso di non poter garantire un bottino ai suoi uomini, il Re degli Etruschi si ritirò, ponendo fine ad una stagione di labili successi militari.
Sulla morte di Porsenna non sappiamo davvero nulla, se non che si spense all’esordio del V secolo a.C. Le sue campagne belliche possono essere paragonate al canto del cigno etrusco, i quali perderanno (almeno in Campania) progressivamente il controllo delle principali città. Tuttavia Roma tremò quando alle porte vide presentarsi Porsenna. Pochissimi, esaminando il corso della storia, possono vantarsi di una cosa simile.