Una delle novità, se non “La” novità più importante per Roma durante la Prima Guerra Punica fu l’approccio col mare. Mai prima del grande evento bellico, che va dal 264 al 241 a.C., la Repubblica si era ritrovata nella condizione di dover combattere per mare. Durante i vari assedi condotti per soggiogare le città costiere siciliane, controllate dai cartaginesi, il senato comprese l’importanza delle vie marine di rifornimento: bloccate quelle, si vinceva la guerra insomma. Eppure Roma non tenne conto del fattore climatico; tradotto: non tenne conto del mare in tempesta!
Roma non aveva esperienza navale e, nonostante ciò, riuscì ad allestire una grande flotta già nel 261 a.C. (molto probabilmente prendendo per modello i triremi e i quinqueremi punici catturati). Se c’è un pregio, universalmente riconosciuto, del quale i romani potevano vantarsi, quel pregio era la capacità di adattamento. Quindi al progetto di matrice cartaginese, i carpentieri della repubblica aggiunsero una sostanziale modifica: i corvi.
Questi corvi non erano altro che pontili dotati di gancio. Quando il corvo abbordava la nave nemica, permetteva ai soldati un assalto stile “terraferma”; una condizione estremamente favorevole a Roma. La conseguenza di ciò fu la schiacciante vittoria navale di Milazzo, la prima per il senato e il popolo romano. Ma noi siamo qui per parlarvi di una cosa strettamente legata a queste vicende, anche se non dal punto di vista dei risultati.
Il filo conduttore che lega l’esperienza romana durante la Prima Guerra Punica fu senz’altro la sfortuna. Una prima flotta, mandata sulle coste cartaginesi per prelevare e porre in salvo le truppe di Attilio Regolo in ritirata, naufraga nel 255 a.C. al largo della Sicilia. Ben 350 navi toccano il fondo del Mediterraneo. Una perdita senza precedenti…Sì, ma non fu l’unica.
Rimessa in mare una seconda flotta, il senato decide di portare la guerra ancora in Africa, assediando Sirte, ad est di Cartagine. I risultati scarseggiano, sono più le spese che i guadagni in termini di conquista territoriale; meglio richiamare alla base le navi e pensare ad un nuovo piano di battaglia. Siamo nel 253 a.C. e una seconda tempesta fa naufragare ben 150 navi romane. Disastro totale.
Se pensate che il fato si sia accanito abbastanza con Roma, vi sbagliate di grosso. Infine, nel 249 a.C. dopo una clamorosa sconfitta navale nei pressi di Trapani (che costò non poche perdite in termini numerici), la flotta romana, sotto il comando del console Giunio Pullo insiste comunque nella conquista della punta occidentale della Sicilia. Indovinate un po’? Esatto, l’ennesima tempesta distrugge parte del seguito navale. Vorremmo concludere con qualche frase ad effetto, ma pensiamo che il meteo abbia già detto abbastanza.