I territori della Mongolia e quelli immediatamente adiacenti sono prevalentemente stepposi. Immense praterie di verde, sconfinati spazi che trasudano libertà e voglia di cavalcare lontano. Proprio queste terre infatti furono sempre solcate da popolazioni a cavallo, l’animale più adatto al posto e più utilizzato. La sella del IV secolo ritrovata nell’area non fa che confermare tale tesi.
Si tratta di un ritrovamento importantissimo, al contrario di quanto possa sembrare e si possa immaginare. Infatti il manufatto in questione presenta delle innovazioni importantissime che stravolsero il modo cavalcare dell’epoca. Una svolta tecnologica che consentirà, dopo altri diversi secoli, lo strapotere mongolo nell’area ed in un tutto l’Oriente.
La sella intagliata presenta infatti importanti innovazioni, confermato anche dall’archeologo William Taylor della CU Boulder. Questi parla inoltre di una delle prime selle con telaio ritrovate e conosciute. L’oggetto in questione è costituito da 6 diversi pezzi di legno di betulla, uniti grazie all’utilizzo di chiodi.
Non era per nulla un oggetto considerato di poca importanza. Le rifiniture e l’attenzione ai dettagli lo conferma. C’erano infatti delle cinghie di cuoio legate alle staffe e presentava una colorazione rossa, con rifiniture di nero. Taylor si sbilancia in seguito affermando che la sella in questione, oltre ad essere stata latrice della diffusione della cultura dell’equitazione, abbia una tale importanza da aver influenzato anche la moderna sella americana.
La cultura dell’equitazione è però senza dubbio connaturata alla Mongolia. Da tempi lontanissimi le steppe, come sopra accennato, erano solcate dai cavalli. Li nutrivano e offrivano loro immensi spazi per sfogare l’indomita voglia di corsa. Ad oggi, con l’arrivo e la diffusione costante dei mezzi di trasporto moderni anche in Mongolia tale cultura sta andando via via scemando, recidendo un legame millenario.
La scoperta di oggi ci aiuta a comprendere meglio l’importanza della tecnologia nell’innovare e nel migliorare, ma ricordando sempre di non concedergli mai di soppiantare definitivamente la tradizione.