Un oggetto sopravvive a quella che fu una battaglia dall’esito incerto, uno scontro che avrebbe mutato l’assetto politico, geografico, culturale, militare, economico (e chi più ne ha, più ne metta, tanto non ci si sbaglia) dell’Occidente e della civiltà classica. Quell’oggetto è l’elmo di Milziade. L’episodio bellico in questione andò in scena nel 490 a.C. e vide contrapposti Greci e Persiani. Con i primi chiamati ad una strenua difesa contro i secondi, in piena ondata espansiva nonché dotati di una capacità di conquista senza precedenti.
Appunto l’elmo di Milziade ci racconta a 2.500 anni di distanza quella vicenda, spesso narrata con toni epici, per non dire mitici. Un copricapo bronzeo che potrebbe passare quasi in sordina, tenendo conto dei numerosi manufatti simili di cui disponiamo odiernamente e che la storia ci ha fortunatamente consegnato. Invece no, l’oggetto di cui vi parliamo, esposto in tutta la sua magnificenza nel Museo di Olimpia (Grecia), non è “come gli altri” ma appartenne all’uomo che quello scontro lo decise, eccome se lo fece. Un’iscrizione ce lo suggerisce: “Milziade lo dedicò a Zeus“.
Milziade, chiamato a guidare un esercito di 12.000 greci tra Ateniesi e Plateensi, contro un corpo armato il doppio più grande, che rispondeva agli ordini di Dario I, re di Persia. Quest’ultimo aveva soffocato alcune ribellioni greche in territorio anatolico, che ricordiamo allora sotto competenza achemenide. In aggiunta, anche un po’ per vendetta, rase al suolo la splendida Mileto, simbolo ellenico della Caria, in Asia Minore. Così l’impero Persiano minacciò l’intero mondo greco, sfidandolo apertamente nella piana di Maratona, esattamente a 41 km di distanza da Atene.
Vinsero i greci, nel dirvelo non cadiamo nello spoiler, ma è il “come” che cattura l’attenzione ed infiamma la nostra immaginazione. Ragionando possiamo dire che sì, effettivamente Ateniesi e Plateensi erano meglio armati e meglio equipaggiati. Vero anche che la formazione oplitica, corale per definizione, meglio rendeva rispetto all’individualismo del combattente persiano. Ma sarebbe ingiusto non riconoscere a Milziade un ingegno tattico-strategico sopraffine, addirittura anticipatore.
A Maratona Milziade diede sfoggio della manovra a tenaglia, di annibaliana memoria. Sfoltendo il centro della sua formazione, il generale ateniese rinforzò pesantemente le ali, pur non disponendo di una cavalleria di supporto. Così facendo, in pieno combattimento lo schieramento centrale greco arretrò, attirando il grosso dell’esercito achemenide. Gli uomini di Dario si accorsero troppo tardi di essere stati accerchiati dalle ali nemiche. La rotta persiana fu istantanea – con conseguente tentativo di attaccare Atene via mare, piano prontamente sventato da un rientro fulmineo di Milziade.
Un eroe a Maratona aveva salvato la Grecia e l’elmo di quell’uomo ancora oggi lo ricorda, con le sue forme, con i segni dell’età, ma con perentorio orgoglio. Perché immergendosi a fondo e aguzzando l’udito, si sente lo stridere delle spade sugli scudi, il continuo spezzarsi delle lance, le tuonanti urla dei guerrieri da ambo i fronti. Sì, Riecheggia la Battaglia di Maratona sull’elmo di Milziade.