Tutti conoscono Charles Dickens come l’uomo che ha dato voce allo sfruttamento di donne e bambini nelle fabbriche durante l’età vittoriana. Attraverso i romanzi ”Oliver Twist”, ”David Copperfield” e ”Canto di Natale”, racconta una realtà che era sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno voleva vedere.
Questo è il Dickens che tutti conoscono, un uomo coraggioso e di animo puro. Eppure, come molti artisti, anche lui aveva i suoi ‘demoni‘. Non tutti sanno, infatti, che Dickens viveva un matrimonio tutt’altro che felice. Dopo 22 anni, giunto finalmente alla separazione dalla moglie, cercò di far passare questa per pazza per potersene liberare definitivamente.
Fu un dettaglio della sua vita che egli non nascose, anzi. Nel 1858 fece pubblicare su alcuni giornali sue dichiarazioni riguardo la loro vita matrimoniale: ”La signora Dickens e io abbiamo vissuto infelicemente insieme per molti anni. Quasi nessuno che ci abbia conosciuto intimamente può non aver saputo che siamo, sotto tutti gli aspetti di carattere e temperamento, meravigliosamente inadatti l’uno all’altro”.
L’incompatibilità caratteriale al tempo non era sufficiente a giustificare una separazione. Così, Dickens, inizio a ‘spargere la voce’ riguardo uno squilibrio mentale della moglie. Ai più appassionati di letteratura, inglese e italiana, la presunta pazzia di Catherine ricorderà la ‘folle gelosia’ millantata da Pirandello a proposito della moglie.
Ma non finisce qui. Sembra che Dickens si fosse affezionato prima alla sorella minore della moglie, Mary, la quale visse con loro qualche anno per poi venire a mancare giovanissima. Poi, anche alla sorella nubile, Georgina, che visse con la sorella e il cognato dall’età di 15 anni. Quest’ultima rimase a vivere con Charles e tutti i bambini dopo la separazione e pur di rimanere a fare la governante di casa rifiutò ben 2 proposte di matrimonio.
Dickens dovette quindi fare i conti con una società che non vedeva di buon occhio nè la separazione nè un eventuale incesto con la sorella Georgina. Così, smentì tutte le voci sul suo conto. Queste riguardarono, più tardi, anche la giovanissima attrice Ellen Ternan, con cui si vociferava avesse una relazione. Se al tempo era solo un ‘gossip’, ad oggi sappiamo con certezza che i due fossero amanti. Ellen ebbe anche un figlio da lui, morto quando ancora era bambino.
Mentre l’attenzione si concentrava solo su Charles, la moglie Catherine veniva pian piano dimenticata. Nessuno si preoccupò mai di come lei vivesse la separazione e di come si sentisse ad essere considerata una ‘pazza da rinchiudere al manicomio’.
Così, ci ha pensato qualche anno fa John Bowen, professore all’università di York, a dar voce alla donna. Bowen ha studiato per filo e per segno 98 lettere, conservate alla Harvard University, di un amico di famiglia e vicino di casa dei Dickens, il giornalista Edward Dutton Cook. Questo scrive ad un collega alcune confidenze fatte dalla stessa Catherine sulla separazione. Nel 1879 la donna raccontò al vicino di casa di vicende avvenute molti anni prima, quando Dickens aveva cominciato la relazione con Ellen Ternan. E ancora, di quando voleva farla rinchiudere in un manicomio.
Bowen non fu l’unico a ‘denunciare’ la cattiveria di Dickens nei confronti della moglie. Anche la zia di Catherine, Helen Thomson, aveva raccontato di come lo scrittore volesse convincere il medico di famiglia a certificare la ‘follia’ della moglie. Se inizialmente nessuno le credette, ad oggi siamo certi del fatto. Tanto certi che Bowen sembra aver scoperto anche l’identità del dottore: si tratta di Thomas Harrington Tuke che, qualche anno dopo essersi rifiutato di mandare la donna in manicomio, divenne protagonista di uno dei suoi articoli. Dickens lo definì ”medico asino” e ”un essere miserabile”.
Sembra assurdo pensare al più famoso scrittore e giornalista di tutti i tempi in questa chiave. Ancora di più se si guardano i suoi scritti che, oltre a trattare di violenza nei confronti dei bambini e donne nelle fabbriche, denunciano anche i trattamenti riservati ai pazienti dei manicomi nella ”camera degli orrori”.
Questa storia ci porta a riflettere sulle tante forme di violenza di genere che c’erano e ci sono tutt’ora. Quella di Dickens fu a tutti gli effetti una forma di abuso mentale, riconosciuta solo oggi come tale, che mostra il suo lato oscuro. E allora la mia domanda è: voi, dopo questa storia, leggerete i romanzi di Dickens con occhi diversi?