Mettiamo le mani avanti: per quanto se ne voglia discutere, quella della “predizione fatale” di Abraham de Moivre è una vicenda che si avvicina tantissimo alla leggenda e pochissimo alla realtà storica. Ciò non toglie che la curiosità attorno a questo racconto sia ancora oggi persistente. Beh, conoscere il trascorso di un brillante matematico che predisse la data esatta della sua morte – azzeccandoci tra l’altro – drizza quantomeno le orecchie degli ascoltatori e aguzza lo sguardo dei lettori. Una premessa doverosa, che adesso lascia spazio alla narrazione.
Nato a Vitry-le-François nel maggio del 1667, nell’antico Champagne francese, Abraham de Moivre fu educato fin dai primordi da una famiglia dai precetti protestanti. Di conseguenza studiò fin da giovanissimo in una scuola, quella di Sedan, riformata. Egli si appassionò di matematica e volle proseguire i suoi studi nella Ville Lumière. Peccato che, appena diciottenne, fu costretto a fare le valigie e attraversare la Manica nel 1685. Alla base di questa scelta ci fu l’annullamento dell’Editto di Nantes e la conseguente cacciata, dal territorio della cattolica corona francese, di tutti gli ugonotti.
Così de Moivre approdò in quel di Londra, proseguendo i suoi studi, anche con brillantezza e perspicacia. Qualità che lo accostarono a delle menti niente male, solo per citarne uno: Isaac Newton, del quale diventò personale amico. Nel 1697 entrò a far parte della prestigiosa Royal Society, contribuendo ad alcuni lavori che rappresentarono un punto di svolta per le scienza dell’epoca. Ad esempio, con la cosiddetta “formula di de Moivre” riuscì a porre un tassello base per l’analisi dei numeri complessi e il loro collegamento con la trigonometria.
All’apparenza tutto rose e fiori. In realtà no, perché lo scintillio intellettuale dell’uomo non corrispose necessariamente ad una fortuna economica. Sopravvisse con quel che aveva, senza mai potersi ritenere un benestante. Non solo, il povero genio francese ebbe a che fare con noti problemi di salute, tra i quali citiamo la letargia. Il buon de Moivre si accorse nell’ultima parte della sua vita come i suoi tempi di sonno si allungassero ogni giorno di almeno 15 minuti.
Calcolò quindi la data della sua morte. Quando la somma di quei 15 minuti di ulteriore sonno sarebbe ammontata a 24 ore, allora il matematico avrebbe esalato il suo ultimo respiro. Il calcolo, eseguito con minuzia, indicava il 27 novembre 1754. Indovinate quando de Moivre ci lasciò? Esatto! Proprio il ventisettesimo giorno del mese di novembre, nell’anno di grazia 1754. Come fece? La versione più ripresa (che è quella che ci spinge a dire come tutto sia parte di un’intricante leggenda) sostiene come il matematico, prima dell’oltrepasso, avesse bruciato tutti i fogli del suo lavoro certosino.
Ragion per cui nessuno sarebbe in grado di replicare con esattezza i suoi stessi calcoli, le sue stesse formulazioni. Sì, già vi sentiamo, così vi anticipiamo: la storia dei 15 minuti di sonno in più ogni giorno è parte stessa della leggenda, ecco perché asseriamo come in realtà il calcolo esatto non si conosca. Conoscere la data della propria fine? Impossibile per chiunque… Tranne per Abraham de Moivre!