Dal 1922 al 1934, Sir Charles Leonard Woolley condusse una serie di scavi a Ur, un’antica città della Mesopotamia, situata vicino all’originale foce del Tigri e dell’Eufrate, sul Golfo Persico. Qui, furono numerose le sepolture rinvenute, e molte di queste erano senza camera tombale, per cui Woolley le chiamò ”fosse della morte”. Tra queste, sicuramente quella più impressionante fu PG1237, la “Grande fossa della morte”. Essa, infatti, conteneva un numero elevato di corpi. Si pensa che questi individui fossero vittime sacrificali, i quali accompagnavano il loro padrone o la loro padrona nell’aldilà, ma non è dato sapere se volontariamente o meno.
In totale gli archeologi portarono alla luce sei ”fosse della morte” durante gli scavi. Si trattava di tombe e cortili infossati collegati alla superficie da un pozzo. Probabilmente queste furono costruite attorno alla tomba del padrone/padrona.
Nella PG 1237, gli archeologi trovarono 74 corpi, di cui 6 uomini, dotati di elmo ed armi, probabilmente con il compito di proteggere la tomba da eventuali ladri, il resto tutte donne. La maggior parte di queste erano disposte su quattro file nell’angolo nord-occidentale della tomba, mentre sei di loro sotto un baldacchino nell’angolo sud. Altre sei, invece, si trovavano vicino alla parete sud-orientale della tomba. Woolley era dell’opinione che tutti gli individui della ”Grande fossa della morte” fossero servitori di un personaggio importante e che, molto probabilmente, qualcuno distrusse la camera tombale di quest’ultimo.
Tuttavia, nel 2008, la tesi di dottorato di Aubrey Baadsgaard, mise in discussione questa visione. Secondo Baadsgaard, infatti, il personaggio ”importante” era ancora sepolto lì; al contrario era Woolley che non l’aveva ancora scoperto. Sempre a supporto di questa tesi, secondo Aubrey, tra i vari corpi individuati uno in particolare spiccava: il Corpo 61. A differenza delle altre donne, che indossavano semplici copricapi d’oro, quello di Corpo 61 era molto più elaborato. L’unica altra donna conosciuta a possedere un copricapo simile era Puabi. Quest’ultima era generalmente considerata una regina, per cui Baadsgaard concluse che era proprio Corpo 61 ad essere la proprietaria del PG 1237.
Rimangono, tuttavia, ancora molti quesiti irrisolti. Sicuramente, tra questi, le cause della morte dei servitori della fossa. Basandosi sull’organizzazione dei corpi, Woolley suggerì che questi avessero accompagnato volontariamente il loro padrone/padrona. Probabilmente, morirono dopo aver ingerito una sorta di veleno. Altri studi condotti dal Museo di Archeologia e Antropologia dell’Università della Pennsylvania sui teschi di una donna e di un soldato, invece, hanno portato a risultati diversi.
Infatti, le analisi hanno rivelato fratture pre-mortem causate da uno strumento contundente, inflitte probabilmente da altri dopo che il veleno non aveva fatto il suo effetto. In conclusione, la questione è ancora aperta e saranno necessari ulteriori studi per avere la certezza sulle cause della morte delle vittime sacrificali.