Fermi tutti, questa è una provocazione. Eh già e la speranza è che assolva al suo compito, ovvero quello di attirare quante più persone. Perché voglio parlare di Nativi Americani, dell’ingiustizia che ha colpito (e continua a colpire, e qua batto ferro) la loro immensa, particolare, diversificata cultura. Ma so perfettamente che il tema, oggi poco storico e tanto storiografico, non attrae, quindi scado nella provocazione, come molti altri (giustamente) hanno fatto prima di me. Premesso ciò, vi chiedo: perché nessuno conosce questa mappa geografica?
Non questa nello specifico, è chiaro. Va bene una qualunque che un minimo tratteggi le regioni in cui i Nativi Americani – tanto del nord, quanto del sud – si stanziarono per millenni prima dell’arrivo dei bianchi. La risposta alla domanda di sfida è secca, così come risulta essere stordente nella sua assoluta linearità: perché essenzialmente non ce n’è mai fregato nulla. A noi come ai Conquistadores spagnoli cinquecenteschi, così come essenzialmente non fregava nulla ai portoghesi, agli olandesi, ai francesi. Ah, se non abbiamo citato gli inglesi è per una sola ragione: a loro importava, ma solo per scopri di lucro nella sua forma politica, economica e commerciale.
La riscoperta europea delle Americhe fu il preludio di un genocidio fatto e finito. All’esatta metà del XVI secolo, tra guerre e malattie, i bianchi sterminarono dall’80% al 95% delle popolazioni indigene presenti sul territorio di quel Nuovo Mondo, Nuovo per noi, è ovvio. Giocoforza l’espansionismo degli europei, a danno irreversibile dei Nativi, fu semplice. C’era tantissimo da prendere e coloro dai quali strapparlo si contavano sulle dita di una mano. E quella, per quanto sia una storia nota, oggi viene riportata nei libri scolastici in modo ambiguo. Non si parla di sterminio, genocidio, violenza sistematica, ma di SCOPERTA. Prima che ritornassero gli europei nel 1492, quell’immenso territorio al di là dell’Atlantico non esisteva…
E quindi che importa sapere che le nazioni dei nativi ammontavano a circa un migliaio fino all’800 inoltrato – mentre oggi ne contiamo più o meno la metà. Che cosa importa se i Cherokee, dediti prevalentemente all’agricoltura nel South Est poco c’azzeccavano con i Pomo, fortunati per le risorse naturali della California? Perché dovremmo dare rilievo al fatto che i Sioux vivessero nella Grande Pianura o al tipo di canoa utilizzato dai Chinook nel Nord-ovest?
In passato noi europei abbiamo distrutto. Si potrebbe anche controbattere con la classica affermazione “sì, ma abbiamo portato in quel luogo dimenticato da Dio il progresso“. Vero, sacrosanto, ma a che prezzo? A che prezzo se il ciò ha significato la morte del 10% della popolazione mondiale (500 milioni) solo nel XVI secolo? 1.000 Nazioni, con 1.000 lingue diverse. Una particolarità comunicativa impressionante, morta nel tempo. Oggi di quelle lingue ne rimangono poco meno di 300, classificate in 29 macrogruppi specifici.
Ma se ci sentiamo meno responsabili di un inglese che fa lo scalpo ad un nativo per una mera ricompensa pecuniaria nel ‘700, allora perché non diamo il giusto valore a queste cose? Se la strada per una società migliore è la cultura o la ricerca di essa, che comunque passa per l’istruzione massiccia, allora perché nessuno conosce questa mappa geografica? Riflettiamo.