Documenti storici, prove scritte e fonti attendibili concordano nel sostenere come in passato alcuni uomini credevano di essere fatti di vetro. Uno scherzo della storia o banale invenzione del secolo corrente? Nulla di tutto ciò, perché oggi si parla di disturbi psichiatrici e aneddoti storici ad essi legati.
Avete mai sentito parlare di “glass delusion“? Purtroppo in italiano una traduzione letteraria e scientificamente accurata non esiste, ma possiamo parlare senza incappare in errori grossolani di “delirio di vetro“. Esso consiste in un’alterazione della psiche per la quale l’afflitto crede di essere fatto di vetro e, di conseguenza, di potersi frantumare da un momento all’altro. Una fragilità perpetua del corpo dettata dall’instabilità psichiatrica. Chiaramente si tratta di una condizione oltremodo debilitante, in grado di rendere pressoché impossibile qualunque contatto umano e, nel senso lato, sociale.
Come detto nell’introduzione, esistono documenti scritti che attestano la concretezza di una simile indisposizione. Tra queste, ci sono delle fonti assolutamente di rilievo. Una su tutte: Miguel de Cervantes, padre della moderna letteratura spagnola, scrisse nel 1616 El licenciado Vidriera (per noi italiani Il dottor Vetrata). La novella narra le gesta di un ragazzo, Tomas, incredibilmente acuto dal punto di vista intellettuale, eppure condannato alla follia, alla perdita del lume; in spiccioli, una condizione per la quale il protagonista crede di essere composto di vetro e nulla più.
Dalla realtà letteraria a quella tangibile il passo è inaspettatamente breve. Proprio come il personaggio di cervantina memoria, Carlo VI di Valois, re di Francia dal 1380 al 1422, accusò le piaghe del delirio di vetro. La storiografia si riferisce al sovrano con l’appellativo “il Folle” e il motivo è da ricercarsi nelle sue frequenti crisi psicotiche. Queste ebbero un effetto a lungo termine sul carattere e le abitudini del re (chi ci segue da tempo sa di cosa sto parlando…).
Gli ambasciatori papali riportarono nei loro dispacci come il re di Francia “manifestasse un’insolita e morbosa infermità“. Essa faceva credere a re Carlo che le sue membra altro non fossero che vetro, fragile, delicato ed effimero vetro. Il delirio gli imponeva di vestire con un abito vistosamente “decorato” da stecche di ferro, così da impedire contatti ravvicinati con i dignitari a corte, potenzialmente pericolosi per la sua incolumità. Da sottolineare come l’informazione sul vestito provenga solo ed esclusivamente da fonti pontificie, quindi l’attendibilità è quella che è. Andando oltre il dato stilistico, sotto gli occhi di tutti era il disturbo psichiatrico del re francese.
Come si pensò di curarlo? Quali le conoscenze mediche a riguardo? Domande alle quali una risposta specifica (del caso di Carlo VI, s’intende) non esiste, ma su cui è possibile costruire un ragionamento storico a mio avviso interessante.
L’Università di Cambridge ha pubblicato uno studio in cui si afferma come al tempo di Carlo VI di Valois – ma già dal XIII secolo in realtà – la chiave per la comprensione del malanno mentale era di ricercarsi nello squilibrio dei quattro umori (flemma, sangue, bile gialla e bile nera), se non in una dieta scorretta, nell’abuso di alcol o nella perfida azione di forze esterne.
È possibile osservare la vicenda da una prospettiva diversa e comprendere meglio la “specificità” del disturbo psichiatrico. Tra la fine del Basso Medioevo e l’avvenire della prima Età Moderna (si prendano in considerazione gli anni che vanno dal Quattrocento al Seicento inoltrato) il vetro era a tutti gli effetti una merce rara e pregiata, nondimeno considerata di lusso. Sinonimo di fragilità – caducità che deve essere intesa per quello che è: piacere provvisorio e per questo prezioso – il vetro configurò il modo in cui aristocratici e regnanti si percepivano all’interno della società europea. Una posizione, la loro, privilegiata e per forza di cose temporanea (ecco il collegamento con il vetro). Stando al parere di storici, sociologi e psicologi, la fissazione per il materiale contribuì all’insorgere della “glass delusion”.
Attenzione però! Non si faccia l’errore di credere il delirio del vetro una novità dei secoli in questione. Esistono testimonianze ancor più remote (si parla addirittura di antichità classica) che sembrano riportare le medesime caratteristiche di suddetto disturbo in uomini definiti insani mentalmente. La differenza sta tuttavia nel materiale. Sì perché queste persone afflitte dal delirio sostenevano di essere fragili come la terracotta. Materiale di cui si conoscono per proprietà dall’alba dei tempi. E allora giunge in mio soccorso il concetto espresso da Edward Shorter, associato alla cattedra di Storia della Psichiatria all’Università di Toronto. L’accademico sostiene come: “nel corso della storia, la mente inconscia inventiva ha agganciato i suoi deliri a nuovi materiali e ai progressi tecnologici dell’epoca”.