Dopo il ritrovamento di un’ambiente, rimasto nascosto per millenni, in cui la servitù era solita trascorrere le poche ore “libere” (dal lavoro), Pompei ci riserva l’ennesima, nonché straordinaria, scoperta archeologica. Gli ultimi scavi, condotti nella Regio IX, insula 10, hanno permesso agli addetti di posare per la prima volta il loro sguardo su una sorta di panificio-prigione. Le analisi approfondite sul settore sono ancora in corso nel momento in cui scrivo, ma dai primi resoconti si può delineare una storia generale dell’ambiente.
A rendere ancor più inedita la scoperta è la zona in cui essa è avvenuta. Il luogo preso in esame appartiene ad un settore perimetrale in cui gli esperti ancora non hanno messo mano. Ciò a causa dei preliminari lavori di ristrutturazione e preservazione del materiale architettonico. Eppure il “forno-servile” tornato alla luce non può fare altro che destare una grandissima e giustificata attenzione.
Qui schiavi e animali da tiro – asini quasi sicuramente – lavoravano a stretto contatto. Gli uni incitavano gli altri, in modo tale da velocizzare le operazioni di macina. Un luogo chiuso, asfissiante, in cui l’esterno poteva essere solamente visualizzato grazie alla fantasia di chi vi lavorava. Le poche finestre che c’erano presentavano uno sbarramento in ferro. A poca distanza dal panificio erano emersi, mesi fa, i resti di tre vittime. Dovrebbe lasciar presupporre una condizione di vita quotidiana non proprio felice e spensierata.
La stalla è poi strutturalmente collegata alla zona della macina, quest’ultima presenta anche una lunga mangiatoia. Nei pressi delle macine sono evidenti delle solcature sul basalto vulcanico, segno del passaggio meccanico e ripetuto delle bestie da soma.
Ovviamente la struttura non si risolve in un unico forno, ma è parte integrale di un complesso residenziale patrizio. E questo rende il tutto ancor più paradossale (anche se ormai non dovrebbe più stupirci il vivido e palpabile contrasto sociale nella Pompei antica). Perché accanto ai soavi affreschi del IV stile (quarto schema decorativo della pittura romana) si estende una zona produttiva in cui il sangue e il sudore finivano per mescolarsi alle lacrime e alla farina.
Ora, il racconto della notizia potrebbe anche terminare qui, se non fosse che il ritrovamento ha risvegliato in molti un ricordo letterario sopito. L’autore latino, originario di Madaura (odierna Algeria), Lucio Apuleio presentò nelle sue Metamorfosi (anche grazie ad una trovata stilistico-narrativa non casuale) lo spaccato di una vita servile. Un’esistenza non troppo dissimile da quella che uno schiavo di Pompei poteva/doveva condurre.