La scoperta del tempio nabateo di Pozzuoli risale al 2023. Tuttavia solo adesso gli autori hanno presentato i primi dati relativi allo studio di questo singolare porto sommerso, fra cui la ricostruzione di parte dell’edificio e alcuni dettagli provenienti dai due altari e da qualche lastra.
Cosa sappiamo del tempio subacqueo nabateo di Pozzuoli?
Prima di tutto: chi sono i Nabatei? Si tratta di una popolazione di commercianti arabi, famosi per l’incantevole città di Hegra, insediatesi ai tempi di Flavio Giuseppe aka Nabatene nella zona di confine fra Siria e l’Arabia, con un territorio che andava dall’Eufrate al Mar Rosso. La loro rete commerciale era così estesa che permetteva di mettere in contatto il nord e il sud della penisola araba, arrivando a commerciare in tuta la zona mediterranea.
Il progetto Tra Terra e Mare ha deciso di condurre una nuova ricerca subacquea lungo la ripa Putolana, vicino al porto di Pozzuoli. La scelta non è stata certo casuale.
Questa parte della costa, infatti, a causa anche dell’attività sismica e vulcanica dei Campi Flegrei, ospita ben 2 km di quartieri romani sommersi, parte di un sistema architettonico più ampio che occupa tutto il Golfo di Pozzuoli.
Soprattutto durante l’era Augustea, quindi dal 31 a.C. al 14 d.C., qui fu tutto un proliferare di edifici urbani e architetture commerciali. Grazie a questo progetto gli archeologi hanno potuto riscoprire un antico tempio nabateo sommerso. Fra l’altro è l’unico attualmente noto al di fuori di quella che all’epoca era la Nabatea.
Attualmente sono stati trovati due ambienti:
- Sala A: presenti in situ due altari di marmo bianco di Luni. L’altare più grande presenza otto nicchie rettangolari e l’iscrizione “Dusari sacrum“. L’altare più piccolo ha solo tre nicchie, sempre rttangolari. Il muro perimetrale è ricoperto di marmo bianco
- Sala B: il muro perimetrale è ricoperto anche esso di marmo bianco e anche qui figura una lastra con l’iscrizione “Dusari sacrum”. In un angolo sono presenti i resti di un blocco di calcestruzzo costruito in opus reticulatum e ricoperto di intonaco. Purtroppo non si sa ancora a cosa servisse. Fra di esso e il muro perimetrale meridionale figura una vasca installata in seguito alla costruzione del tempio. La vasca è ricoperta di cocciopesto, materiale che ricopre anche il pavimento ai lati del plinto
Gli studiosi ipotizzano che, in origine, il tempio fosse a pianta rettangolare, con due stanze con accesso rivolto a nord e in collegamento con il vicus Lartidianus. Nulla si sa della configurazione di un eventuale tetto, ma gli altari della prima stanza hanno fatto ipotizzare che fosse un sacello scoperto.
Nuove indagini sono programmate, così come ulteriori scavi. Quello che è certo, però, è che la presenza qui di un santuario nabateo indicano la presenza di una consistenza comunità di tale popolo, perfettamente integrata all’interno della popolazione locale visti anche i materiali e le tecniche usate per costruire il tempio, nonché per la presenza di scritte in latino dedicate alla loro divinità principale, Dushara, signore delle montagne.