Grazie alle tecnologie digitali i ricercatori sono riusciti a stabilire che Lucy, la nostra antenata più famosa, non era esattamente una velocista. Certo, era in grado di correre, ma nessuno si sarebbe sognato di farla partecipare ai 100 metri. Considerate che Lucy era in grado di correre in posizione eretta, ma non velocemente, al massimo a una media di 4,97 metri al secondo. Questo anche perché non aveva il tendine di Achille conformato come noi e le fibre muscolari delle gambe erano molto più corte rispetto a quelle degli esseri umani moderni che, in media, possono correre 7,9 metri al secondo.
Anche se questa è una media, ricordiamocelo: di mio credo di avvicinarmi molto di più alla velocità di Lucy, pur avendo il tendine d’Achille e le fibre muscolari lunghe.
Lucy, non certo una velocista
Lo studio in questione lo trovate pubblicato su Current Biology. Tramite simulazioni digitali 3D al computer, i ricercatori hanno esaminato le capacità di corsa degli ominidi basandosi sull’Australopithecus afarensis. Questi era un ominide di statura relativamente piccina e vissuto fra 3,9 e 2,9 milioni di anni fa in Africa orientale.
L’idea alla base dello studio era quella di capire meglio l’evoluzione del bipedismo negli esseri umani. Per cercare di ricreare il corpo digitale e le prestazioni di uno dei nostri più famosi fossili ancestrali, ecco che gli scienziati hanno utilizzato parametri come la velocità massima di corsa, i costi energetici connessi alla corsa e la resistenza alla corsa. Poi hanno aggiunto anche le caratteristiche muscolari delle scimmie moderne e la misura della superficie ossea di Lucy. Questo serviva per stabilire quale potesse essere la sua massa muscolare.
Il simulatore, grazie a questi dai, ha poi elaborato un modello di corsa. Ma non solo: ha anche messo a confronto la velocità del modello digitale di Lucy con quella di un essere umano moderno. Si è così visto che Lucy poteva correre in posizione eretta, ma facendo molta più fatica rispetto all’uomo moderno. Inoltre, nonostante la statura inferiore e la velocità massima ridotta, Lucy sprecava fino a 2,9 volte più energia per correre rispetto all’uomo moderno.
A impedirle di raggiungere una velocità maggiore, oltre al fatto di avere braccia e torso lunghi rispetto alle gambe corte, ecco che il problema più grande era la presenza di un tendine d’Achille e di un tricipite di forma diversa. Viceversa gli esseri umani moderni hanno un tendine d’Achille lungo ed elastico che collega i muscoli del polpaccio e della caviglia all’osso del tallone. E questo permette loro di arrivare a grandi velocità durante la corsa.
Molto probabilmente Lucy riusciva a correre solo per tratti molto brevi e alquanto lentamente. Inoltre non era adatta a inseguimenti su lunghe distanze (Lucy ha tutta la mia più profonda comprensione). Il che ci sta visto che, all’epoca, camminare e arrampicarsi erano più importanti della capacità di correre.
Storicamente la capacità di camminare e correre su due piedi è un segno tipico dell’evoluzione umana attribuita agli esseri umani moderni e ai loro antenati, l’Homo erectus. Effettivamente, l’Homo erectus era un corridore decisamente migliore rispetto all’Australopithecus afarensis.
Un’altra grande differenza fra l’Homo sapiens e i simili di Lucy è che il primo si è evoluto per fare passi lunghi, mentre i secondi per fare passi corti, adottando un’andatura alcuqnato goffa. Il che, però, va un po’ in contrasto con quando sostenuto da Darwin nel 1871 nel suo The Descent of Man. Secondo Darwin, infatti, le tre tipiche caratteristiche umane rappresentate dal bipedismo, dalla fabbricazione di utensili e dal cervello grande si sarebbero evolute tutte insieme.
Lucy, invece, ha dimostrato che l’evoluzione non ha funzionato esattamente in tal modo: il suo scheletro ci spiega che i nostri antenati camminavano su due piedi molto prima che il cervello diventasse più grande.