Prima che me lo si faccia notare: sì, lo so, si tratta di una leggenda molto probabilmente inventata da qualche guida turistica decisamente ispirata. Ciò non distoglie l’attenzione generale sulla particolarità della porta attraverso la quale si accede al refettorio del monastero di Alcobaça. Il complesso cattolico sorge nel cuore geografico del Portogallo nel XII secolo e diviene col tempo punto di riferimento politico, sociale e religioso per la monarchia lusitana. Ad oggi l’aggregato monastico è uno dei siti culturali più importanti della nazione; tra l’altro Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1989. Vista la centralità che ricopre e la portata mediatica che può giustamente vantare, non sorprende che la fantomatica storiella dietro la porticina stretta si sia fatta largo nel web, affermandosi per la sua versione leggendaria invece che per la sua reale funzionalità.

La chiesa e il monastero di Alcobaça furono tra i primi edifici portoghesi legati all’Ordine Cistercense. A desiderarne la costruzione nel 1153 fu re Alfonso I. Il fondatore della monarchia portoghese volle così commemorare la vittoria dei cristiani sui Mori avvenuta cinque anni prima a Santarém. Non volendo sviare troppo dai precetti cistercensi, le maestranze costruirono il complesso con linee architettoniche snelle, ordinate, pulite. Dunque con poche sculture e giusto qualche eccezionale statua dedicata alla Vergine Maria.
Tra i vari ambienti edificati tra la metà del XII secolo e la metà del secolo successivo, vi fu chiaramente il refettorio. La stanza dove i religiosi si riunivano per consumare il pasto comune fu arricchita di un pulpito esemplare, scavato sulla nuda pietra e intarsiato con finissime operazioni scultoree. Entrandovi, è la prima cosa che notate. Chi di voi ha avuto la fortuna di ammirare quest’opera, conosce il grado di straordinarietà sul quale ci troviamo.

C’è però un altro elemento architettonico che nel refettorio si accaparra buona parte delle attenzioni: una porta. Non è un ingresso qualunque, per via della sua forma allungata e ristretta. Da lato a lato, sono 50 centimetri circa. Se si è nel mezzo di una visita turistica guidata, è quasi impossibile astenersi dal chiedere perché. La guida a questo punto potrà rispondervi in due modi: nella maniera più onesta, ma meno “divertente” o – ed è questa la versione che va per la maggiore – mentendovi, ma suscitando una grossa e grassa risata.
Quest’ultima versione (quella falsa) associa la strettezza del passaggio al rigore tipicamente cistercense. Un’austerità che si rifletteva tanto nello stile architettonico, quanto a tavola. Bisognava mangiare il giusto, senza peccare di gola, altrimenti si incorreva nella sfiducia dei confratelli e nell’ammonimento di Dio. La porta cosiffatta avrebbe ricordato a tutti gli inquilini del monastero di Alcobaça di non esagerare con la forchetta, altrimenti il passaggio nella mensa sarebbe stato loro precluso.

La storia è forse tanto goliardica quanto poco credibile. Le uniche fonti che supportano suddetta versione sono contemporanee, inoltre il 90% delle volte pongono sulla narrazione il marchio della leggenda popolare. A distorcere ulteriormente il senso comune sulla porta del refettorio è la miriade di fotografie che immortalano turisti in carne, posizionati di profilo davanti ad essa, che a loro volta fanno notare come – cascasse il mondo – non ci si entri.

E se i costruttori in origine avessero pensato quella via d’ingresso per le portate invece che per gli esseri umani? Eh già, meno accattivante come ipotesi, ma sembra essere l’amara realtà dei fatti. Dall’altra parte del muro si trovava – e si trova ancora oggi – la cucina dei monaci. Da quella porta angusta entravano ed uscivano i piatti per i fratelli cistercensi. A riportare tale versione è il sito ufficiale del complesso monastico di Alcobaça (nella sezione: guida per i visitatori).

Vi lascio dicendovi che c’è una terza opzione narrativa, anche se minoritaria e non del tutto soddisfacente. Però ehi, chi sono io per ometterla. Alcuni storici sostengono che la porticina nasca non per un intento punitivo, né come ingresso di servizio, bensì come necessità architettonica legata ad una questione di pesi, supporti e bilanciamenti strutturali. Non ho trovato moltissime informazioni a riguardo, perciò prendetela per quello che è. Mi raccomando, se capitate nel monastero lusitano, non perdete l’occasione di smorzare l’entusiasmo del gruppo guidato in cui vi trovate smentendo l’operatore turistico che vi accompagna.