Terzo e penultimo capitolo volto ad un’analisi quanto più approfondita sulla figura del cecchino, tiratore scelto, sniper, che dir si voglia. Dopo aver lasciato l’epoca d’oro dei tiratori di precisione “nudi e crudi” durante la Prima Guerra Mondiale (che nel caso vi fosse sfuggito, consigliamo di recuperare per una miglior comprensione generale) approdiamo nel periodo interbellico e, con maggior interesse, nella Seconda Guerra Mondiale. A seguito delle consuete premesse, posso iniziare.
Bene, avevo concluso il secondo episodio della serie parlando di un “paradosso russo“. Esatto, gli stessi che durante il quadriennio ’14-’17 non danno chissà quale importanza all’addestramento e al supporto materiale del cecchino, dal primo dopoguerra avviano un piano d’allestimento per unità di precisione specializzate. Questo processo conoscerà il proprio apogeo nella metà degli anni ’30 e troverà espressione diretta nei teatri di battaglia della Guerra Civile Spagnola. Di lì a poco il cecchino sovietico, sensibilmente migliore per preparazione ai corrispettivi occidentali, avrà modo di capitalizzare su questo addestramento in quella piccola questione chiamata Seconda Guerra Mondiale. Due dati buttati un po’ in caciara per capire l’entità numerica dei russi: al 1944, 428.335 individui ricevettero l’addestramento base per cecchini. Circa 55.000 erano donne (anche se solo duemila unità femminili servirono attivamente).
Attenzione però, seppur già da allora si dicesse come il “terrore” (riferito alla sgradevole sensazione di trovarsi nell’ottica di un fucile da cecchino) fosse a tinte rosse (sovietiche), il cecchinaggio non era esclusivamente una loro questione. Da citare sono i tiratori scelti britannici e francesi che tennero temporaneamente a bada l’opprimente avanzata nazionalsocialista a Dunkerque. A seguito della grande ritirata, gli inglesi in particolar modo tornarono ad implementare programmi d’addestramento per cecchini (aperti solo ad ufficiali e sottoufficiali, perciò non proprio frequentatissimi). Allo sniper britannico si richiedeva abilità di tiro e camuffamento.
Impossibile, in questo esatto momento, non tornare ad est, precisamente in Finlandia durante la Guerra d’Inverno (novembre 1939 – marzo 1940). Le truppe dell’Armata Rossa, che alla fine ebbero la meglio, furono soggiogate da un Mosin-Nagant modello 28 impugnato da un spirito indemoniato candido come la neve, Simo Häyhä, “Morte Bianca“. All’appello contò 542 vite spezzate, 800 circa se contiamo anche le non confermate. Il finlandese pluridecorato è, ad oggi (e forse lo sarà per sempre), il cecchino più letale nella storia dell’umanità. Se la guerra nella fredda terra finnica convinse maggiormente Mosca dell’utilità dei tiratori scelti, lo stesso effetto ebbe Stalingrado per i tedeschi.
Il trauma fu tale per la Wehrmacht da costringerla, dalla fine del 1942, a reintegrare la specializzazione dei tiratori scelti. Entro il ’44 i tedeschi misero in piedi 31 compagnie di soli cecchini. I tedeschi inoltre furono gli unici a dotarsi di proiettili fabbricati appositamente per tale scopo (i cosiddetti “sS effect-firing”). E gli USA? Washington sfornò pochi tiratori scelti, per non dire pochissimi, puntando molto più su altre branche militari (meccanica, fanteria semplice, logistica, ecc.). La preparazione americana per il cecchinaggio era elementare e non considerava l’addestramento sul lungo tiro. Nessuno tra i soldati a stelle e strisce sparava oltre i 400 metri di distanza. La motivazione è da ricercare nei campi di battaglia in cui le unità statunitensi furono impiegate. Territori in cui contava la massiccia presenza di fanteria e non la chirurgia di un tiratore appostato.
Finendola di fare l’eurocentrico, sposto l’attenzione allo scenario bellico Pacifico. L’esercito imperiale giapponese diede del filo da torcere agli Alleati sotto il punto di vista del cecchinaggio. I tiratori di precisione nipponici erano abilissimi nella mimetizzazione e nella perseveranza. Ovviamente tra le giungle del Sudest Asiatico non si sparavano colpi a lungo raggio, tuttavia il ruolo dei cecchini giapponesi fu un fattore destabilizzante (tra i tanti) per i marines americani. Gli Italiani? Durante il ventennio non si formarono compagini di cecchini nel Regio Esercito. Ciò si tradusse in una (quasi) totale mancanza di tiratori scelti tra le fila nostrane. Quei pochi che impugnarono un Carcano ’91 (fucile nato nel 1891 e utilizzato fino al 1945, solo per farci un’idea della dotazione militare italiana) lo fecero per brevissimi tempo e con risultati scarsi o nulli.
In definitiva, se il primo conflitto mondiale assomigliò al battesimo del fuoco per i cecchini di mezzo mondo, il secondo fu l’affermazione internazionale del suo ruolo e della sua fama spietata, ostinata, fuggevole, infine letale. Ma dal secondo dopoguerra in poi, il tiratore scelto tramuterà sensibilmente il proprio essere, vedremo in che modo.