L’affondamento del Titanic, avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912 nel bel mezzo dell’Atlantico, è un tema noto ai più. Di storie a riguardo se ne sono sentite di tutti i tipi, ma oggi ne abbiamo una davvero particolare, nella speranza che si tratti di una sorpresa come lo è stata per noi. Il protagonista è un uomo giapponese di nome Masabumi Hosono, la quale unica colpa a seguito del disastro è stata quella di essere sopravvissuto.
Non avete letto male; il caso Hosono assunse rilevanza mediatica mondiale non per atti eroici o per misteriose azioni, ma per qualcosa di assolutamente incredibile se percepito con la mentalità odierna. Stando alle fonti dell’epoca, proviamo a ricostruire in breve gli eventi che condussero alla “gogna mediatica” il povero Masabumi Hosono. Quindi partiamo col chiederci: cosa ci faceva l’uomo sul Titanic?
Egli lavorava come funzionario dei trasporti giapponese e, per questioni professionali, stava tornando da uno soggiorno in Russia. Da qui giunse in Inghilterra, salpando sull’inaffondabile nave come passeggero di seconda classe. Al momento della famigerata collisione, il messaggio da parte del personale di bordo fu chiaro e perentorio: prima donne e bambini. Le scialuppe cominciarono a toccare l’acqua e a riempirsi man mano di disperati. Hosono osservò gli eventi e si convinse della possibilità di non farcela.
Uno dei marinai però affermò come su una scialuppa vi fossero rimasti due posti liberi. Un uomo vicino al giapponese saltò senza pensarci due volte e Hosono, ispirato dal gesto, ripeté a sua volta. Quando la vicenda divenne di dominio pubblico, i giornali, specialmente quelli statunitensi, raccontarono le prime storie dei sopravvissuti, non tralasciando quella del “fortunato ragazzo giapponese” come venne soprannominato il funzionario nipponico.
Al ritorno di quest’ultimo in terra natia, si scatenò l’inferno. Lucrando sulla storia, alcuni sopravvissuti definirono Hosono un clandestino, la notizia si sparse e in Giappone l’ondata diffamatoria proseguì rafforzandosi, invece che scemare. I racconti divennero sempre più assurdi: infatti prese sempre più piede l’ipotesi per la quale l’uomo, per non rispettare la precedenza ai bambini e alle donne, si fosse travestito con abiti femminili. In linea generale però la sentenza dell’opinione pubblica è un’altra, ovvero “Hosono è un codardo e deve pagare per il suo disonore“.
Perse il lavoro, la famiglia si allontanò, egli non rilasciò delle smentite per non alimentare il fuoco. Tra gli anni 20′ e gli anni 30′ l’uomo tornò a lavorare, ma il suo nome oramai era macchiato. Quando venne a mancare, nel 1939, la sua famiglia visse non poche difficoltà per via di quel fardello disonorevole. Col tempo la sua figura fu accostata a quella di molti che quella notte di aprile del 1912 cercarono di salvarsi. Ma se per gli altri la sopravvivenza fu un miracolo, per Masabumi Hosono fu una condanna.