Pietro I, zar di Russia, aveva un sogno: occidentalizzare il suo impero, per competere con le principali potenze d’Europa. Per attuare questo processo di riforma culturale, lo zar ci si mise d’impegno, viaggiando personalmente per mezza Europa e apprendendo il più possibile dai costumi locali (prevalentemente olandesi e inglesi). Una cosa in particolare colpì Pietro: nessuno portava la barba.
Di ritorno a San Pietroburgo, lo zar volle convocare i suoi consiglieri e la nobiltà russa, per riferire loro quanto visto e appreso. Davanti gli occhi dei più potenti uomini dell’Impero, lo zar prese tra le mani un kit da barbiere, afferrò delle forbici e uno ad uno fece avvicinare i nobili.
L’intento fu chiaro e generò clamore. Lo zar tagliò personalmente la folta barba a chiunque si presentasse al suo cospetto. Per il modello occidentale, la barba era sinonimo di arretratezza e inciviltà, Pietro attuò alla regola l’esempio. Le dichiarazioni drastiche dello zar non lasciarono meno stupiti, chiunque in Russia doveva radersi.
Ma con le buone si sa, non si risolve nulla. Ragion per cui Pietro, con una mossa abbastanza impopolare (come se l’opinione pubblica nella Russia settecentesca valesse qualcosa), iniziò a tassare chiunque volesse farsi crescere la barba. Per la nobiltà la tassa da pagare equivaleva a 100 rubli l’anno, per il ceto meno abbiente, un kopek (un centesimo).
Cosa accadeva a chi decideva di non pagare? Beh, la clemenza non era proprio il punto forte delle autorità zariste; si finiva in prigione, tra un’interrogazione ed un’altra si giungeva ad una condanna e poi al pagamento di una salatissima sanzione.
Secondo lo zar il cambiamento doveva iniziare dalle piccole cose…E in effetti qualcosa da allora è cambiato nell’impero russo: le acconciature. Nella storia però Pietro non è un caso isolato. Basti pensare al fatto che una tassa simile era stata imposta dal re inglese Enrico VIII nel 1535. Chissà in quanti non avranno rispettato le disposizioni di Pietro, “in barba” all’autorità.