È nel contesto delle Guerre d’Italia (1494-1559) che si inserisce la nascita dello Stato dei Presidi. Un nome che ai più non dirà molto ma che rappresentò, almeno fino al primo Settecento, uno dei poli più strategicamente rilevanti sul piano amministrativo-commerciale nella cornice del Mediterraneo occidentale. Perciò è dall’instancabile lotta tra Spagna e Francia sul suolo italico che nascono i Presidi; nello specifico questi vengono a formarsi a seguito della definitiva capitolazione della Repubblica di Siena nel 1559 per mano degli ispano-medicei (sull’argomento non mi soffermerei più di tanto visto l’approfondimento realizzato in tempi non sospetti, l’articolo lo trovate qui).
Dopo la Pace di Cateau-Cambrésis si instaura un ordinamento politico nuovo e duraturo, a conduzione spagnola, il quale si esplica indirettamente (il Ducato sabaudo sotto Emanuele Filiberto, il Ducato e poi Granducato mediceo, i Ducati di Parma, Modena e Mantova, la Repubblica di Genova, tutte entità solo formalmente autonome ma dipendenti da Madrid) e direttamente, vedasi l’esempio di Milano, di Napoli, ma anche della Sicilia e della Sardegna, non ultimo lo Stato dei Presidi. Su questo vorrei quindi concentrarmi, ricollegandomi alla già trattata caduta di Siena. Se la presa ispano-medicea ebbe sì un effetto impattante sul breve termine, non si può certo dire che la resa per assedio della capitale pose fine alla guerra. Per una vera svolta del conflitto si dovrà attendere il 18 giugno del 1555. Contingenti franco-senesi si ritirarono a Porto Ercole dove vennero intercettati dagli imperiali e da truppe mercenarie fedeli a Cosimo I.
Anche qui si procedette con l’assedio della città portuale, conclusosi positivamente per gli assedianti. Il duca de’ Medici ordinò l’allontanamento di tutti i mercenari e gli stranieri che lottarono al fianco dei vinti. A loro andò bene, poiché un’amara sorte toccò ai fiorentini traditori (primi tra tutti i membri della rivale famiglia Strozzi). Una marcia in direzione di Livorno precedette la loro impiccagione in pubblica piazza. Firenze dunque diede inizio ai lavori di rafforzamento dei bastioni sui promontori dell’Argentario, delegando il coordinamento delle maestranze all’architetto Soderini. Sorsero perciò Forte Filippo, Forte Stella e Forte Santa Caterina, in aggiunta ad un insigne ampliamento della Rocca Senese. Con l’Italia pacificata sotto l’egemonia ispanica, Filippo II e Cosimo I si accordano: la corona di Spagna non avrebbe reclamato i territori conquistati a Siena, lasciandoli a Firenze, eccezion fatta per quattro presidi: Orbetello, Talamone, Porto Longone (dal 1603) e Porto Ercole.
L’amministrazione di suddetti territori sarebbe stata appannaggio dei viceré di Napoli. Molto brevemente e in maniera schematica, vorrei sintetizzare in quattro punti le ragioni che spinsero Filippo II ad imporre un governatorato su tali terre:
- Il vantaggio di avere una base marittima sul Tirreno dalla quale poter controllare traffici marittimi, tanto economici quanto militari. Non dimentichiamo l’area geografica in cui sorsero i Presidi, un approdo a metà tra il Vicereame di Napoli e il settentrione italiano.
- I Presidi permettevano un miglior monitoraggio sulle vicende pontificie, essenziali per la Spagna asburgica.
- Con il governatorato nella Maremma la Spagna avrebbe tenuto sotto stretto controllo il Granducato di Toscana, sul quale aleggiava qualche sospetto, se non diffidenza.
- Grazie ai Presidi gli spagnoli potevano da una parte contrastare la rinnovata potenza ottomana, alleatasi con i francesi in funzione anti-imperiale. Dall’altra contenere militarmente le scorribande turche/barbaresche che affliggevano praticamente tutto il litorale tirrenico nonché le principali isole.
Si riconoscono quattro periodi ben distinti e precisamente scanditi per quanto riguarda la storia dei Reali Presidi di Toscana: si ha un Periodo Spagnolo, con l’amministrazione dei viceré partenopei (1557-1707). Un Periodo Austriaco, con l’amministrazione che spetta ai viceré austriaci di Napoli (1707-1735). Un Periodo Borbonico, con la dominazione diretta dei Borbone di Napoli (1735-1801). Infine un brevissimo Periodo Napoleonico, in cui l’amministrazione dei Presidi fu esclusiva del governo provvisorio transalpino.
È necessario adesso specificare una cosa: i Presidi non erano uno “Stato” vero e proprio, o almeno, non lo erano secondo l’accezione moderna del termine. Si trattava infatti di entità tra di loro indipendenti però amministrate da un’autorità vicariale delegata da Napoli. Eppure i Presidi, visti come singole comunità locali, mantenevano alcuni dei retaggi dell’età comunale. Il governo spagnolo per aver presa doveva interfacciarsi con poteri locali quali il sindaco, il camerlengo, il priore e via discorrendo. Gli statuti e le magistrature in essere sotto la Repubblica di Siena non vennero cancellate dal nuovo dominio, che anzi fece leva sulla loro sopravvivenza in nome del buon governo e della stabilità (una consuetudine nell’Italia spagnola del Cinque/Seicento).
Los Presidios (scelta del termine molto curiosa, visto che lo spagnolo presidios significa “carceri” in italiano) per un secolo e mezzo dopo l’avvento ispanico godettero di un grande rispolvero economico e commerciale. Orbetello, capitale del governatorato, divenne uno dei centri più popolosi della Maremma con i suoi – reggetevi forti – 2.000 abitanti circa. Su di essi non gravava alcuna tassazione, ma comunque dovevano provvedere al rifornimento militare in caso di necessità e al mantenimento dei numerosi forti.
Gli orbetellani ebbero anche un loro momento di gloria internazionale. Nel 1646, perciò alle battute finali della Guerra dei Trent’anni (1618-1648), una flotta franco-piemontese, in aggiunta ad un corposo contingente di fanteria, pose sotto assedio Orbetello, così da fare pressione sugli spagnoli e su Roma. Sebbene in inferiorità numerica, gli iberici non solo resistettero ma riuscirono addirittura a scacciare le forze attaccanti. La popolazione di Orbetello, fermamente filo-spagnola, giocò un ruolo di primo piano aiutando con rifornimenti e con la logistica. Il re di Spagna, Filippo IV d’Asburgo, elogiò e ripagò la strenua resistenza della città e dei Presidi.
All’inizio del XVIII secolo ci fu il primo dei rivolgimenti politici che contraddistinse la storia dei Reali Presidi di Toscana. Durante la Guerra di Successione Spagnola (1701-1714) gli austriaci occuparono i Presidi nonché il Regno di Napoli. Si formalizzò l’annessione agli Asburgo d’Austria con i Trattati di Utrecht e di Rastatt, rispettivamente nel 1713 e nel 1714. Come anticipato il governo dei viceré austriaci di Napoli fu di breve durata e pressoché ininfluente. Nel 1733, nel contesto della conquista borbonica delle Due Sicilie, i Presidi divennero terreno di conquista per gli spagnoli. L’amministrazione diretta dei Borbone di Napoli fu ratificata tra il 1735 e l’anno successivo. Si può dire come i Presidi trascorrano il loro periodo meno fortunato sotto il dominio borbonico, in primis molto attento alle urgenze propriamente partenopee (ecco come Carlo di Borbone regalò a Napoli l’ora più bella della sua storia) ma distratto sulle necessità extra-napoletane.
La soppressione dell’autonomia dei Presidi e la svalutazione del suo ruolo strategico nel Tirreno creano instabilità tra i locali. Fortunatamente sul tramontare del Settecento l’amministratore borbonico ma aretino di nascita Bernardo Tanucci raddrizza, nel limite del possibile, le sorti del dominio maremmano. Egli agisce riformando e rinvigorendo una vetusta direzione della cosa pubblica, bonificando la laguna di Orbetello e dando il la all’industria ittica e del corallo.
Gioia effimera questa. I francesi di Napoleone travolgono anche i Presidi, che inizialmente non accettano di buon grado l’invasione, salvo poi ricredersi con la messa in piega di una più snella amministrazione pubblica e con la promessa (mantenuta) di una partecipazione civile al governo mai sperimentata prima. Il governo provvisorio del 1801 dura da marzo a novembre. Con la Pace di Firenze del medesimo anno i territori dello Stato dei Presidi passano al Regno d’Etruria, anch’esso di breve durata. Termina così la storia di uno stato non stato, che per quasi due secoli fu al centro delle dinamiche politiche, economiche e commerciali del Mediterraneo occidentale. Lo Stato dei Presidi, non proprio uno sconosciuto!