«In quanto sultano; figlio di Maometto; fratello del Sole e della Luna; nipote e viceré per grazia di Dio; governatore del regno di Macedonia, Babilonia, Gerusalemme, Alto e Basso Egitto; imperatore degli imperatori; sovrano dei sovrani; cavaliere straordinario e imbattuto; fedele guardiano della tomba di Gesù Cristo; fido prescelto da Dio stesso; speranza e conforto dei Musulmani; grande difensore dei cristiani – Io comando a voi, cosacchi dello Zaporož’e, di sottomettervi a me volontariamente e senza resistenza alcuna, e cessare di tediarmi con i vostri attacchi.»
Con queste parole e con questo stile, alto ed emerito, si apriva lo scambio epistolare tra un cosacco ed un sultano nel 1675, poco prima che infiammasse la guerra russo-turca del 1676-1681. Le frasi che avete appena letto venivano magistralmente formulate da Mehmed IV, colui che per buona parte del secondo Seicento volle assoggettare alla mezzaluna e alla stella le terre attraversate dal Dnepr, abitate dai cosacchi sin dall’alba dei tempi. Mehmed IV era andato vicino alla realizzazione del suo piano nel 1667. In quell’anno Impero ottomano e l’Etmanato cosacco (corrispondente grossomodo all’odierna Ucraina) strinsero un’innaturale alleanza. Sembrava proprio che la Sublime porta avesse finalmente esteso la propria influenza oltre il Dnepr, infastidendo e non poco lo Zarato russo, nemico mortale dell’epoca e per lungo tempo ancora.
L’alleanza, voluta soprattutto da Petro Dorofijovyč Dorošenko, già atamano e voivoda al servizio dello zar, non piacque alla maggioranza della popolazione. Portavoce del malcontento generale si fece Ivan Sirko, l’altro protagonista della nostra storia. In una girandola confusa di accordi, tradimenti e sodalizi, ci basti sapere che alla morte di Dorošenko (1672), Sirko divenne il nuovo atamano dei cosacchi. Quest’ultimo, in quel momento fedele allo zar Alessio Michajlovič Romanov, contrastò con efficacia le avanzate turco-ottomane nell’Ucraina meridionale. Particolarmente degno di nota fu l’atteggiamento coriaceo dell’armata dello Zaporož’e (anche detti “cosacchi zaporoghi”).
Nonostante le sonore sconfitte riportate sul campo, Mehmed IV scrisse di proprio pugno a Sirko, chiedendo la resa e la sottomissione. Ora facciamo un piccolo sforzo d’immaginazione: caliamoci per un istante nei panni di un cosacco qualunque al momento della lettura dell’epistola. Le sentite? Sentite il fragore delle risate di Sirko e compagnia bella? Almeno così immaginò l’ilare momento il pittore russo Il’ja Repin, che due secoli dopo dipinse per l’autocrate Alessandro III Romanov il celebre dipinto I cosacchi dello Zaporož’e scrivono una lettera al sultano Mehmed IV di Turchia.
Stando alla tradizione popolare, dopo aver riso fino ad avere i crampi sulla bocca dello stomaco, i cosacchi dello Zaporož’e chiesero al dotto di turno di scrivere quanto dettato. La risposta del cosacco Sirko al sultano Mehmed IV è un esempio di sgarbatezza seicentesca e al contempo di geniale senso dell’umorismo. Qui di seguito le stilettate in rima dell’atamano.
«I cosacchi dello Zaporož’e al sultano turco.
Tu, diavolo turco, maledetto compare e fratello del demonio, servitore di Lucifero stesso. Quale straordinario cavaliere sei, tu che non riesci ad uccidere un riccio col tuo culo nudo? Il diavolo caca e il tuo esercito ingrassa. Non avrai, figlio d’una cagna, dei cristiani sotto di te, non temiamo il tuo esercito e per terra e per mare continueremo a darti battaglia, sia maledetta tua madre.
Tu cuoco di Babilonia, carrettiere di Macedonia, birraio di Gerusalemme, fottitore di capre di Alessandria, porcaro di Alto e Basso Egitto, maiale d’Armenia, ladro infame della Podolia, “amato” tartaro, boia di Kam’janec’ idiota del mondo e dell’altro mondo, nipote del Serpente e piaga nel nostro ca**o. Muso di porco, deretano di giumenta, cane di un macellaio, fronte non battezzata, sc**ati tua madre!
Ecco come gli Zaporozi ti hanno risposto, essere infimo: non comanderai neanche i maiali di un cristiano. Così concludiamo, visto che non conosciamo la data e non possediamo calendario. Il mese è in cielo, l’anno sta scritto sui libri e il giorno è lo stesso da noi come da voi. Puoi baciarci il culo!».
Ahinoi, non sappiamo se la missiva fu consegnata a corte, nella leggendaria Costantinopoli. Non sappiamo neppure se la lettera sia reale o frutto di un gigantesco (ma divertente) falso storico. Quello che è certo – almeno secondo un puro e personalissimo sesto senso, poi fate voi – è che al nostro Mehmed IV simili parole non piacquero. Le medesime frasi renderanno praticamente un eroe nazionale il cosacco Ivan Sirko, oggi celebrato in Ucraina come emblema di irriverenza, forza e coraggio.