Rivoluzione francese, guerre napoleoniche, Congresso di Vienna. Boom. L’Europa si riscopre magicamente reazionaria e le modifiche territoriali comportate dalle conquiste di Napoleone scompaiono (quasi) del tutto. I confini possono anche mutare, ma alcune idee sono dure a morire. Una frase che calza a pennello con il periodo di cui vi parleremo in breve quest’oggi, un lasso di tempo che si estende dal 1815 al 1830. Signore e signori: l’alba del Risorgimento in Italia.
Dicevamo? Ah, sì, Congresso di Vienna. Le grandi potenze europee decidono che l’esperimento di unità nazionale (sotto le insegne rivoluzionarie-napoleoniche) italiana può e deve essere accantonato. Si torna allo status quo ante bellum, con il ritorno dei sentiti e risentiti “stati e staterelli” (che belle le ore di storia al liceo). Le dinastie al comando sono autonome solo di facciata, in realtà questa galassia reazionaria risponde alle esigenze di due grandi potenze, o meglio, due grandi famiglie: Borbone e Asburgo.
Solo lo Stato papale è esente (ma neanche troppo) dal controllo diretto delle suddette casate. Ma come dicevamo nell’introduzione, le idee restano, e quella di un’Italia finalmente unita stuzzica la fantasia di diverse personalità. Succede perciò che nel 1820, seguendo l’esempio di Cadice, in Sicilia scoppiano pesanti tumulti: questi conducono alla proclamazione di un governo autonomo, dotato di costituzione, a Palermo. I Borbone di Napoli però non ci stanno e reprimono nel sangue l’intera faccenda.
A proposito di Napoli…Anche qui degli ufficiali regi si sollevarono, arrivando alla presa della città. Il re Ferdinando si vide costretto a concedere la costituzione. Tuttavia la festa durò poco, a causa della discesa lungo la penisola di truppe austriache pronte a restaurare il potere del sovrano. La tensione non riguardò solo il meridione; ad esempio a nord le rivolte condussero all’abdicazione del re sabaudo Vittorio Emanuele I e ai moti di Milano.
Nel primo caso la monarchia ritornò in auge con re Carlo Felice – generosamente accompagnato dagli austriaci – mentre per quanto riguarda Milano, le rivolte furono soppresse con arresti e soprusi. Inutile dirvi da parte di chi. Eppure il sentimento patriottico (più in funzione anti-austriaca che altro) non si spense. Si registrarono moti rivoluzionari in Romagna, a Modena, nel Cilento, anche lo Stato pontificio ne risentì.
Forse era ancora presto per giungere ad una matura concezione di un’Italia unita, forse non c’erano i mezzi e le possibilità per farlo, ma una cosa è certa: quelle idee che non mutavano sarebbero rimaste impresse nelle menti e nei cuori di alcuni celebri personaggi, volutamente non menzionati (che fatica!), i quali avrebbero permesso l’affermazione totale del Risorgimento in Italia.