Jean-Jacques Rousseau è uno dei più grandi filosofi francesi e dell’Illuminismo in generale, universalmente riconosciuto come grande pedagogo. Se andiamo però a scavare fra i fantasmi (molti) del suo passato, emergono prospettive e azioni a dir poco deplorevoli. Insomma, potremmo dire che predicava bene, anzi benissimo, ma razzolava male, a tratti malissimo.
Iniziamo dal difficile rapporto con Thérèse Levasseur, la ragazza di 24 anni che incontra nel 1745, quando lui ne aveva 33. Si incontrano in una locanda, dove l’umilissima donna, costretta a lavorare per mantenere la sua numerosa famiglia, veniva derisa dagli avventori. Ecco che entra in gioco il pedagogo e filantropo Rousseau, che la difende e la abbindola con parole forbite.
I due creano un connubio strano, inaspettato ma funzionante. Sarà tra le braccia di lei che il filosofo morirà, al ritorno da una delle sue passeggiate solitarie. Ma secondo le fonti il loro rapporto non era esattamente bilanciato. Thérèse era quasi analfabeta, non distingueva i mesi dell’anno e l’ora dell’orologio, Jean-Jacques era acculturato e abilissimo oratore, un filosofo di tutto rispetto (non se lo chiedete a Voltaire).
La quadra del loro rapporto pare fosse però un totale annichilimento della volontà di lei da parte del philosophe, ciò si vedrà quando, in una situazione economica disastrosa, la persuaderà a prendere insieme a lui una scelta a dir poco discutibile. Il grande pedagogo, oltre a non educare mai l’umile moglie (forse perché gli conveniva che rimanesse sottomessa a lui) decise di abbandonare tutti e 5 i figli avuti, affidandoli alla carità cittadina.
Se per il primo figlio Thérèse espresse tutto il suo disprezzo della decisione, per gli altri chinò la testa e obbedì quasi passivamente. Il filosofo che aveva scritto un capolavoro come L’Emile, caposaldo dell’educazione per contrasto, aveva deciso di non educare proprio quei suoi figli che potevano essere la sua occasione di dimostrare praticamente quanto teorizzato.
Ebbe sicuramente modo di pensarci nell’ultima fase della sua vita, la più triste per lui. Con la sensazione di essere perseguitato e di avere nemici ovunque, si ritirò a vita privata. Proprio qui si dedicò alla stesura de “Le riflessioni del passeggiatore solitario“. Così chiuse la sua vita, morendo però, come sopra detto, tra le braccia della donna che privò dei suoi figli.