Perché gli USA nel 1961 hanno tentato l’invasione dell’isola cubana, tra l’altro con risultati fallimentari? Motivi politici, economici e strategici, come sempre d’altronde. L’episodio della baia dei Porci è uno di quei momenti storici che possiamo definire, non a torto, culminanti di una certa epoca. I giorni che trascorsero dal 17 al 19 aprile del ’61 permisero al mondo di vedere gli States fallire; non una cosa ordinaria, se ci pensiamo.
Motivi politici, per iniziare. Sì, perché Cuba era una vera e propria spina nel fianco per l’amministrazione Eisenhower prima, nonché per quella Kennedy dopo. Un avamposto rivoluzionario così vicino alla sfera d’influenza americana danneggiava e non poco gli interessi di Washington. La paura più grande ruotava tutto alla questione di un allargamento degli stessi moti rivoluzionari nel centro-sud America: inammissibili per lo zio Tom.
Vi furono anche pretesti economici e strategici alla base dell’invasione. Castro nazionalizzò i settori produttivi cari alle ingerenze americane. Lo zucchero e il petrolio vennero toccati dall’azione governativa, facendo storcere il naso a tutti i businessman a stelle e strisce che sul suolo cubano avevano fatto fortuna. Inutile sottolineare l’importanza strategica che Cuba rivestiva per locazione geografica.
Spinti da queste motivazioni, più o meno ortodosse, agenti della CIA addestrarono tutti quegli esuli cubani che avevano da ridere sulla rivoluzione del 1959 e sulla figura di Castro. Così, nella metà dell’aprile ’61, una forza di sbarco forte di circa 1.400 uomini mise piede sulla costa sud-occidentale dell’isola. Obiettivo: rovesciare il governo di Fidel Castro, instaurandone uno filo-americano.
Ecco, fino a questo punto abbiamo omesso un particolare: l’assalto alla baia dei porci, oltre che mal escogitato, era anche una sorta di “segreto di pulcinella“. Mosca sapeva dei piani americani da più di una settimana e non aveva mancato di avvisare i vertici de L’Avana. Ragion per cui i militari castristi non impiegarono molto prima di soffocare la forza d’assalto nemica.
Non si può definire in altro modo se non “fallimento“. L’evento ebbe risonanza mondiale e danneggiò gravemente l’immagine politica del neoeletto presidente Kennedy (anche se il piano era figlio della precedente amministrazione). Cosa ne fu dei controrivoluzionari spediti a Cuba? Quasi una trentina fecero ritorno in America. Un centinaio ci lasciò le penne. 1.113 si arresero, finendo in prigione. Ecco in cosa si risolse il tutto.