Poche sono state le battaglie che da sole hanno inciso profondamente il corso degli eventi. Fra queste senza dubbio troviamo lo scontro navale che contrappose il 7 ottobre 1571 nelle acque antistanti la cittadina greca di Lepanto la flotta ottomana e una coalizione composta da navi spagnole, veneziane, pontificie, genovesi, sabaude e dell’Ordine di Malta.
Ma facciamo un piccolo salto indietro. L’Impero Ottomano era lo stato più potente dell’epoca: esteso su 2/3 del Mediterraneo, dalla Mesopotamia all’Ungheria e all’Algeria, da quasi due secoli aveva collezionato una serie di impressionanti vittorie sull’Europa cristiana giungendo, nel 1529, ad assediare Vienna. Nel 1570 il sultano Selim II aveva deciso l’occupazione dell’isola di Cipro, allora parte della Repubblica di Venezia.
Venezia quindi, fiaccata dalla perdita di un territorio strategico per il controllo delle rotte commerciali nel Mediterraneo orientale, chiese alle altre potenze cristiane un aiuto per fermare l’avanzata turca. Il primo ad accogliere l’appello veneziano fu Papa Pio V, che vide in esso l’occasione giusta per indire una crociata contro gli “infedeli” turchi ottomani. Dopo lunghe trattative soprattutto di natura economica, si costituì la Lega Santa. Vi aderirono Spagna, Stato Pontificio, Venezia, Genova, Ordine di Malta, Ducato di Savoia e altri staterelli italiani.
Un’enorme flotta di navi cristiane si riunì a Messina: 200 galee (navi militari leggere), 100 navi da trasporto e 50.000 soldati. Il supremo comandante della spedizione era Don Giovanni d’Asburgo, fratellastro del Re di Spagna Filippo II. Nel frattempo, gli ammiragli turchi avevano deciso di svernare nel Golfo di Lepanto credendo che i loro nemici non avrebbero compiuto operazioni militari in quel periodo dell’anno. Ma si sbagliavano di grosso.
Le due flotte si incontrarono il 7 ottobre 1571 e la coalizione cristiana, benché in inferiorità numerica, ottenne una decisiva vittoria. Furono catturate ai Turchi 117 galee, 400 pezzi d’artiglieria e 3500 uomini.
La sconfitta a Lepanto non fu certo decisiva per l’Impero Ottomano, che visse ancora quantomeno un secolo di espansionismo e splendore. Tuttavia rappresentò una prima incrinatura nell’inespugnabile fortezza ottomana. La conseguenza immediata fu quindi di natura prettamente morale, come del resto testimoniato dalle numerose opere artistiche di celebrazione della vittoria.