L’approfondita indagine archeologica sulle Grandi Terme romane di Aquileia, anche note come Thermae felices Constantinianae (Terme Costantiniane, più semplicemente), conduce lentamente a notevoli scoperte. Protagonista assoluta in tal senso è l’Università di Udine. Essa sta garantendo un’esperienza di formazione di altissimo livello a 25 tra studentesse e studenti della Triennale, operanti sul campo nell’arco degli scorsi mesi.
Prima di affrontare nello specifico le novità di carattere archeologico, i siti d’interesse meriterebbero un minimo di contesto storico – al quale già in passato abbiamo accennato. Le Terme Costantiniane vennero realizzate intorno alla prima metà del IV secolo d.C. A desiderarle con ardore fu proprio l’imperatore Costantino. Egli era convinto nel voler rendere l’antico territorio dei Carni un crocevia ancor più vitale di quanto già non fosse. L’idea, molto probabilmente, era quella di evolvere la città romana a sede della corte imperiale.
Ricordiamo come l’Aquileia romana fosse un porto trafficatissimo, perciò un centro nevralgico per il commercio e le strategie di Roma nell’area. Delle grandi infrastrutture e degli importanti edifici pubblici (vedasi l’anfiteatro e il teatro, sulla strada delle terme stesse) dovevano garantire ad Aquileia lo stesso status delle altri sedi imperiali, come Milano, Antiochia, Arles e così via.
Tornando alle Grandi Terme, queste si estendono lungo un vasto spazio, dotato di vasche, ricchi mosaici e strabilianti fontane. Spicca in questo ambiente il Calidarium, ovvero la zona in cui convogliavano le acque calde. Proprio in quest’ultimo settore si sono concentrati gli scavi dell’Università di Udine, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia-Giulia.
Le suddette vasche, le pareti e le nicchie, oltre alle colonne in marmo cipollino (delle quali ci è rimasto poco), dovevano essere decorate attraverso il massiccio utilizzo di tessere in vetro colorato e lastre marmoree sagomate. Purtroppo l’epoca tardo-medievale non è stata affatto clemente con il luogo. Le più grandi spoliazioni non hanno lasciato che una minima parte del patrimonio architettonico e artistico originario. Al di là del misfatto, sono da sottolineare i lavori sul Calidarium. L’ambiente di 150 m² ha conservato la splendida superficie pavimentale, caratterizzata da lastre di marmo colorato. Attorno all’area gli archeologi (aspiranti tali) hanno rinvenuto anche gli antichi forni in cui si bruciava la legna per il riscaldamento dell’acqua, i praefurnia. Questi conobbero l’utilizzo fino al V o addirittura VI secolo d.C.
La datazione assolve (in parte) Aquileia dalla decadenza del Tardoantico. Altre considerazioni ipotetiche, ma dalle salde fondamenta, vedono le Terme Costantiniane tra le più imponenti mai realizzate nell’Impero Romano. Seconde solo a quelle pubbliche dell’Urbe – vengano citate quelle di Caracalla, Diocleziano e Costantino – si elevavano per almeno 10 metri di altezza e si estendevano per 2 ettari e mezzo. Insomma, le Grandi Terme di Aquileia romana dovevano essere stupefacenti nella forma e nella sostanza, degne dell’otium imperiale.