In Europa, tra il XVI e il XVII secolo, circolava una voce secondo la quale le persone che vivevano all’estremo nord erano più inclini alla cattiveria rispetto a chi viveva in paesi luminosi e soleggiati. Più un paese si estendeva verso settentrione, più la rabbia repressa poteva albergare nell’animo del popolo, tanto che la cittadina di Vardo, nella contea di Finmark, si guadagnò il soprannome di ”capitale delle streghe”. Questa è la loro storia, la tragica storia delle streghe di Vardo.
Per capire il contesto storico e cosa ha portato a questa credenza popolare dobbiamo pensare che nel Seicento, lungo tali nordiche coste, abitavano circa 3.000 persone, di cui una metà norvegesi e l’altra metà Sami (nativi, chiamati in maniera sprezzante lapponi). Sia gli uni che gli altri vivevano prevalentemente di pesca. Quindi, le donne dei villaggi erano spesso sole e possibili prede della tentazione luciferina. I Sami, invece, erano guardati male per la loro religione pagana. Si pensava che gli sciamani fossero capaci di indicibili stregonerie. La loro era una “magia nera” in grado di evocare i morti con il solo, ma ossessivo, suono dei tamburi.
Ricordiamoci poi che nell’estremo nord le comunità locali si autogestivano e non era presente un governo locale. Tuttavia, nel 1617, il re di Danimarca e Norvegia Cristiano IV, approvò una legge contro la stregoneria, che arriverà più tardi anche nella contea di Finmark. Per potenziare e far applicare il decreto, vennero spediti in loco funzionari tedeschi e scozzesi, conosciuti come i più cattivi tra gli inquisitori (informali) considerando l’intero panorama della controriforma europea. Ebbe inizio una spietata caccia alle streghe: solo a Vardo, nel 1621, 77 donne e 14 uomini finirono al rogo.
L’antefatto che portò al processo nel 1621 fu una tempesta senza precedenti che si scatenò lungo le coste di Finmark. Questa però risaliva alla viglia di Natale del 1617. Fu un vero e proprio disastro: circa 40 uomini persero la vita e solo 5 di 23 barche riuscirono a far ritorno nel molo di Vardo. Inutile specificarlo, la tragedia doveva essere per forza di cose colpa del demonio. Demonio presente nei cuori e nelle teste delle streghe. Questo processo e gli altri che seguiranno fino al 1663 mostrano “una tendenza all’annientamento della popolazione femminile” in quei villaggi di pescatori “tipicamente maschili” (R.B. Hagen-Dip. di storia e studi religiosi- Univ. Di Tromsø).
Dal 2011 lo Steilneset Memorial ricorda tutte le persone perseguitate e uccise nel 1621 a Vardo. È composto da due diverse installazioni. La prima, ideata dall’architetto Peter Zumthor, è costituita da una struttura che contiene una tela bianca, tesa con cavi d’acciaio. Lungo uno stretto corridoio ci sono 91 finestre, una per vittima. Ogni finestra ha una lampada che illumina le targa dove è riportato il nome e la storia della persona uccisa. Poi abbiamo l’opera dell’artista franco-canadese Louise Bourgeois. Essa prende il nome de Il Dannato, il Posseduto, l’Amato. L’istallazione è racchiusa in una stanza dalle pareti in vetro scuro. All’interno troviamo una sedia di metallo sotto la quale guizza una fiamma perpetua. Questa è riflessa in “in sette specchi ovali posizionati su colonne di metallo in un anello attorno alla sede infuocata, come giudici che circondano i condannati” (S.Stephens).