Per qualche arcano motivo, gli antichi filosofi greci avevano la mania di morire nei modi più strani e assurdi. Le cose sono due: o per essere un filosofo, da contratto, era necessario impegnarsi per dipartire in maniera bizzarra o gli aneddoti e le storie relative alla loro morte erano “abbellite” da rivali e detrattori. Altrimenti non si spiega.
Le bizzarre morti dei filosofi greci
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Tenendo sempre conto che, spesso, le fonti da cui derivano tali notizie non sono esattamente attendibili o certe al 100% (anche perché magari frutto di autori successivi che hanno riportato storie e aneddoti difficili da accertare storicamente), ecco che possiamo sbizzarrirci fra le morti più strane e imbarazzanti di questi filosofi.
Platone – Partiamo da Platone. Uno dei filosofi più noti, pare che ebbe in sorte una morte alquanto bislacca. Praticamente mentre passeggiava, inciampò su qualcosa. E no, non si ruppe la testa, cosa che non sarebbe stata strana vista la dinamica dell’incidente. Dopo essere inciampato, finì con la testa dentro a un catino pieno d’acqua. E non riuscendo a rialzarsi, sarebbe morto annegato.
Pitagora – Nessuno sa con certezza come sia morto il filosofo e matematico Pitagora. Ma la leggenda vuole che durante una riunione, l’edificio in cui si trovava insieme con i suoi allievi fu incendiato. Così Pitagora scappò, ma ebbe la sfortuna di incappare nel suo arci nemico: un campo di fave. Pitagora a quanto pare aveva un grosso problema con le fave. Infatti per lui erano contemporaneamente sia un ottimo cibo che un pessimo cibo. Nel primo caso, perché costavano poco ed erano molto nutrienti; nel secondo caso perché provocavano il favismo.
Pitagora era così ossessionato dalle fave che non solo non le mangiava, ma non ci camminava neanche in mezzo. Quindi si rifiutò di attraversare il campo, finendo catturato dai nemici che lo uccisero.
Pirrone – Morte per distrazione eccessiva per Pirrone, filosofo apprezzato pure da Alessandro Magno. Nulla da dire sul suo pensiero filosofico, il problema era che era una persona così distratta che non gli si poteva permettere di girare per strada da solo, altrimenti sarebbe finito vittima di qualche incidente. Ai suoi discepoli, infatti, era richiesto di fungere sempre da scorta, non permettendogli mai di uscire da solo. Cosa che fecero fino a quando non ebbe 90 anni. Per qualche motivo, quell’unica volta che uscì senza badanti, ecco che finì subito investito da un carro, morendo istantaneamente.
Diogene – Altro filosofo noto ad Alessandro Magno, vox populi sostiene che la morte di Diogene avvenne per suicidio. Niente di strano. Il problema fu il modo in cui scelse di andarsene: trattenendo il respiro.
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Eraclito – Il filosofo Eraclito, invece, si ammalò di idropisia. Nulla di strano, una malattia come un’altra, ma il problema qui fu che quando decise finalmente di chiedere aiuto ai medici, non disse loro quale era il suo problema, ma glielo spiegò tramite enigmi. Che però erano troppo difficili da risolvere e quindi i dottori lo mandarono via. Così Eraclito, al posto di decidersi una volta per tutte a spiegare a parole chiare di cosa soffrisse, preferì maledirli e cercare di curarsi a modo suo.
E tali metodi prevedevano di disidratarsi sotto il sole, ricoprendosi di letame. Risultato? Dopo due giorni di questa terapia i suoi cani non lo riconobbero e lo sbranarono. Certo, di idropisia non curata sarebbe comunque morto, ma non in questa maniera.
Crisippo – Secondo Diogene Laerzio, Crisippo letteralmente morì dal troppo ridere. La leggenda vuol che un giorno chiese dei fichi, scoprendo però che un asino se li era mangiati tutti. Per vendicarsi, decise di far ubriacare l’animale. Cosa che avvenne, ma la vista di quell’asino in hangover lo fece scoppiare a ridere. E ridere. E ridere ancora, fino a quando non morì per le troppe risate.
Metrocle – Il filosofo cinico Metrocle, invece, pare che facesse dei tentativi di morte strani la sua ragione di vita. Si narra che, una volta, mentre stava insegnando, si fece scappare una flatulenza. Ma la cosa lo imbarazzò così tanto che cercò di farsi morire di fame. Un collega, però, cercò di evitargli questa dipartita e si mise a mangiare lupini in modo da emettere anche lui un peto, per dimostrare a Metrocle che erano cose che capitavano.
Metrocle salvo, ma solo per ora. Diventato vecchio decise di strangolarsi da solo perché era stufo di essere vecchio.
Democrito – Pure il filosofo Democrito pare che non apprezzasse troppo la vecchiaia. Lui scelse il suicidio per fame, iniziando a mangiare sempre di meno. Ma quando si avvicinò l’exitus fatale, la sorella gli chiese se cortesemente potesse evitare di rovinare le imminenti festività: se fosse morto in quel momento, lei avrebbe dovuto occuparsi dei funerali e non avrebbe potuto partecipare alle celebrazioni.
Commosso da cotanto amore parentale, Democrito decise di rimandare la dipartita al termine delle feste, per accontentare la sorella. Finite le celebrazioni, decise che era giunto il momento. Così riempì una vasca di miele e ci si immerse, convinto che la densità del miele ne avrebbe rallentato la morte permettendogli di studiarla.
Zenone – Anche la dipartita del filosofo Zenone potrebbe essere stata alquanto “abbellita”. A seguito di una ribellione fallita, Zenone venne interrogato dal tiranno Dermilo. Il filosofo inizialmente si rifiutò di rivelare i nomi dei congiurati, ma ad un certo punto sembrò cedere. Chiese di parlare da solo con Dermilo, ma quando si avvicinò a costui per svelargli tutto ecco che in realtà gli morse un orecchio. E si rifiutò di staccarsi, tanto che le guardie lo dovettero uccidere.
Empedocle – Morti multiple, invece, per il filosofo Empedocle. Le fonti storiche, qui, sostengono che sia morto nei modi più disparati. Ovviamente abbiamo la dipartita per morte natale, ma c’è chi sostiene che sia stato impiccato, affogato in mare, caduto giù da un carro e suicida dentro l’Etna. La quale poi avrebbe eruttato anche un suo sandalo.
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E non pensiate che il circo delle morti imbarazzanti abbia riguardato solamente i filosofi. Per esempio, il drammaturgo Eschilo, secondo lo storico romano Valerio Massimo, sarebbe morto a causa di un gipeto particolarmente famelico. I gipeti hanno una tecnica di caccia assai particolare. Catturano con i loro artigli prede come le tartarughe e ne rompono la corazza facendole cadere dall’alto, in modo da distruggerne il carapace.
Ebbene, secondo quanto narrato, il nostro gipeto stava volando sopra Gela, cercando una bella roccia sulla quale fare cadere la sua tartaruga. Così avvistò qualcosa che brillava a terra e dunque sganciò la tartaruga. Solo che quella cosa rosa che brillava non era una roccia, bensì la testa calva di Eschilo. Inutile dire che la dipartita del drammaturgo fu causata da un impatto con una tartaruga volante sganciata da un gipeto.