Sparse in alcuni dei più vecchi quartieri di Istanbul, ci si può imbattere in queste stele di pietra erette durante il periodo ottomano. Un occhio poco attento può tranquillamente ignorarle, ma suddetti monumenti ci raccontano parecchio della tradizione turco-ottomana, soprattutto per quel che riguarda una delle sue più affascinanti attività ludiche: il tiro con l’arco. Esse prendono il nome di nişan taşı (lett. “pietre di mira“) e a partire dal XVI secolo vennero erette sistematicamente – sebbene esistano casi antecedenti – per celebrare imprese straordinarie nella disciplina del tiro con l’arco, in seguito convogliata nel tiro con la carabina.

Durante l’epoca ottomana il tiro con l’arco assunse a tutti gli effetti le sembianze di uno sport, seppur ad esclusiva pratica di aristocratici e militari. Ha senso, vista la millenaria tradizione in seno alle popolazioni turciche provenienti dalle steppe di combattere con arco e frecce montando veloci destrieri. Questa abilità è facilmente riscontrabile persino nelle fonti più antiche (Greci e Romani ne parlavano abbondantemente). L’arco turco rimase a lungo un’arma formidabile. Anche con l’avvento della polvere da sparo, gli eserciti di mezzo mondo continuarono a temere quelle armi a lunga gittata, capaci di scagliare frecce a mezzo chilometro di distanza. Per farlo tuttavia serviva dedizione e parecchia pratica.

Gli ottomani misero in piedi un primo campo di tiro – o meglio, uno dei primi di cui abbiamo notizia – nei pressi di Bursa nel XIV secolo, capitale dei turchi ottomani prima della presa di Costantinopoli nel 1453. Ancora Bayezid I, sultano dal 1389 al 1402, ne istituì uno famoso nei pressi di Gallipoli. Ma fu con la presa della Seconda Roma a metà Quattrocento che gli ottomani decisero di fare le cose in grande. Realizzarono un magistrale campo di tiro nell’area che oggi corrisponde al quartiere settentrionale di Istanbul chiamato Okmeydanı. L’etimologia del termine, manco a dirlo, si riferisce proprio di questo: “ok” significa “freccia” e “meydanı” si traduce in “spazio aperto”.

La loggia di Okmeydanı ospitava regolarmente manifestazioni equestri e gare con l’arco. Qui si giungeva con l’intenzione di imparare il mestiere dell’arciere, così come veniva tramandato da generazioni su generazioni. Dopo la fondazione del poligono di tiro, la popolarità dello sport si diffuse oltremodo arrivando a travalicare la bolla aristocratico-militare. Ciò accadde nello specifico durante i sultanati di Bayezid II (1481-1512) e di Solimano il Magnifico (1520-1566).
Qui arriviamo al succo del discorso, inerente le “pietre di mira”. Quando un arciere dimostrava di saper scoccare frecce del tipo pişrev a 900 gez (547 m) e frecce del tipo azmayiş a 800 gez (486 m), allora era pronto per provare a stabilire un record. Un record che sarebbe stato commemorato con una nişan taşı.
E allora sorge spontanea la domanda: come si stabiliva questo primato? Esisteva una codificazione rigida e prestabilita della prova. La loggia decideva quando tirare, in che direzione, se in favore del vento o no, in prossimità di una pietra di mira già eretta o altrove.

Quando i giudici stabilivano tutte le condizioni affinché si potesse procedere, l’arciere raccoglieva un mucchio di sassi a testimonianza del punto da cui avrebbe scoccato la freccia. A quel punto, avrebbe dovuto prima tirare oltre le distanze minime di 800 e 900 gez con i due tipi di frecce consentiti. Fatto ciò i testimoni registravano la distanza percorsa e mettevano in piedi un secondo mucchietto di pietre. Esattamente in quel luogo, in un tempo limite di sei mesi, sarebbe sorta una pietra di mira. Sul monumento gli incisori avrebbero riportato nome dell’arciere, la distanza raggiunta e la data. Qualcuno le faceva decorare anche con poesie inneggianti il coraggio, l’estro e lo spirito battagliero.
Nel tempo all’arco si è aggiunto anche il fucile. Di conseguenza sono variate le modalità della prova, le distanze e i bersagli. Alla fine del XIX secolo in tutta Istanbul si potevano contare non meno di 300 nişan taşı. Oggi se ne contano all’incirca 40, alcune delle quali rappresentano dei magistrali esempi di classica arte ottomana.

Se avete mai visitato Istanbul, potrebbe esservi capitato di passeggiare per le strade di Nişantaşı, quartiere nella parte europea della megalopoli sul Bosforo. A giustificare il nome del quartiere ci sarebbe l’abbondanza di pietre di mira ravvisabili negli spiazzati, di fronte le moschee o fra gli angoli delle strade. Affascinante per forma, colori e posizionamento è la nişan taşı di Mahmud II (1808-1839) eretta nel cortile della Moschea Teşvikiye.