La storia raramente si ricorda dei suoi protagonisti più piccoli. I nostri libri sono pieni di re, regine e conquistatori; di uomini influenti e ricchi che vivevano in castelli dorati. Ma il resto è quasi del tutto assorbito dalle pieghe del tempo. È questo che rende così incredibile una scatola piena di lettere di 1.700 anni fa, trovata nella città cinese di Dunhuang. Perché in quella scatola ci sono due lettere scritte da una donna comune di nome Miwnay. Firmate, sigillate e non consegnate: le lettere nel baule rivelano gli scandali e gli intrighi di una vita comune del 300 d.C.
Sono un raro spaccato della vita del popolo Sogdian che, nel 313 d.C., viveva sotto il dominio cinese. Ma soprattutto, sono uno sguardo sull’amore e sul dolore che hanno riempito la vita di una donna comune, una delle poche che non sarà mai dimenticata. “Da sua figlia, la donna libera Miwnay, alla sua cara madre Chatis”, inizia la prima delle lettere. “Sono molto ansiosa di vederti”. Non si trattava di una cortese formalità. La lettera di Miwnay era un appello per la sua vita. Era intrappolata a Dunhuang, una città lontana chilometri da chiunque conoscesse. Suo marito l’aveva trascinata lì tre anni prima, ma ora non si trovava più.
Aveva abbandonato Miwnay e sua figlia, Shayn, senza lasciare loro nemmeno un centesimo per mantenersi. “Vivo miseramente, senza vestiti, senza soldi”, racconta Miwnay alla madre. “Chiedo un prestito, ma nessuno acconsente a concedermelo”. L’altra lettera di Miwnay, indirizzata a suo marito Nanai-dhat, si apre con un lungo flusso di banalità, quasi come se suo marito fosse un dio: “Al mio nobile signore e marito Nani-dhat, benedizione e omaggio in ginocchio, come si offre agli dei. E sarebbe un bel giorno per lui che potesse vederti sano, felice e libero da malattie, insieme a tutti; e signore, quando sento notizie della tua buona salute, mi considero immortale!”.
Tutte quelle lodi esagerate, però, erano proprio ciò che ci si aspettava nella cultura sogdiana. Non appena tolsero di mezzo, Miwnay si fece feroce: “Preferirei essere la moglie di un cane o di un maiale piuttosto che la tua!”. Nella lettera rivela che la famiglia l’aveva pregata di non seguire il marito a Dunhuang. Lei, però, partì, con gli occhi pieni d’amore, per poi essere abbandonata. Nanai-dhat non le scriveva da molto tempo. L’unica lettera che aveva ricevuto da lui era un rimprovero, che le ricordava “come servire i cinesi”.