Pensare al Rapimento Moro come un fenomeno contingente e relativo solo ai famigerati e oscuri giorni che vanno dal 16 marzo al 9 maggio del ’78 è quanto di più lontano dalla realtà dei fatti ci sia. Un evento di tale portata, la morte del cuore dello Stato, non può che avere radici profondissime che vanno dalla fine del secondo conflitto mondiale fino a quei tristi e mortificanti giorni. Le elezioni politiche del 1976 fanno parte dell’ultimo momento di tale processo.
L’anno prima, tra il 15 ed il 16 giugno, in concomitanza con le elezioni regionali, si tennero le elezioni amministrative. La Dc iniziava a sentire, come spesso accadde, il fiato sul collo del PCI di Berlinguer. Il primo partito del paese raggiunse infatti il 35%, seguito a pochi passi dai comunisti, attestatisi al 33%. Uno scarto del 2% non faceva dormire sonni tranquilli né Gerald Ford, presidente USA, né gli oppositori interni, da sinistra e da destra.
In molti comuni prevalse infatti la sinistra, in blocco o singolarmente. La DC doveva aprire gli occhi. Ciò era quello che cercava di fare Moro dal 1969 circa. In questo anno si era svolto il XII congresso del PCI, in cui Berlinguer raggiunse il titolo di vicesegretario, e Moro cominciò a parlare di “strategia dell’attenzione” nei confronti dell’uomo cardine (da lì a breve) del comunismo italiano.
Il paese arrivava dunque alle elezioni politiche del 1976 fratturato, scombussolato e indeciso. Indro Montanelli pronunciò in questo contesto la celebre frase “Turatevi il naso, ma votate DC“, per sottolineare quanto il pericolo rosso fosse incombente. Dalla sinistra rispondeva il segretario del PSI, Francesco De Martino, con la altrettanto celebre (e sfortunata) formula “mai più al governo senza il PCI!“
La DC prese infine il 38,7%, mentre il Partito Comunista ottenne un lauto 34,3%. La differenza era ormai minima, le due forze erano quasi equipollenti. A farne le spese fu proprio il PSI, con la delusione dell’elettorato in seguito allo slogan elettorale di De Martino. Da li a breve comincerà la stagione politica di un altro grande personaggio della storia primo-repubblicana: Bettino Craxi.
Da tali elezioni, le prime con il voto dei diciottenni, si formarono quei governi di “unità nazionale” che traghettarono il paese vero il punto cardine di svolta del 1978. Le innovazioni potevano essere potenzialmente tante, la paura però la fece da padrona e la vicenda, da latrice di opportunità che poteva essere, divenne invece una pagina oscura, da ricordare e tramandare alle future generazioni.